Bach e l’Oratorio di Natale, un racconto musicale
Maria Milvia Morciano - Città del Vaticano
Suonate, timpani! Risuonate, trombe! Quanta gioia in questa musica! Trombe, timpani, flauti, oboi, archi, basso continuo: l’Oratorio di Natale di Bach si apre in un giro largo e dolce ed erompe nel ritmo cadenzato dei tamburi e nel rincorrersi degli strumenti. Suoni simili alle volute dorate degli stucchi barocchi, che si intrecciano alle voci del coro e salgono di tono, come a voler rendere la lode più alta al Signore per la sua nascita, per poi rallentare e discendere in un canto lento e sommesso.
Una gioia sommessa
È la gioia a pervadere l’Oratorio, ma complessa, priva di enfasi, in un raffinato movimento che la trattiene e le impedisce di esplodere, rendendo efficacemente la velatura malinconica del fine salvifico dell’Incarnazione. Quel Neonato, che dorme sereno nella culla, diventerà un Uomo destinato al sacrificio della Passione e della morte. E anche lo sguardo amorevole della Madre è velato dalla consapevolezza, come dicono le parole del Vangelo di Luca che si ritrovano nel terzo canto dell’opera bachiana: “Maria, da parte sua, serbava tutte queste cose meditandole nel suo cuore”.
Un percorso narrativo in musica
L’Oratorio di Natale, BWV 248, il cui titolo originale, benché cantato in lingua tedesca, l'Oratorium tempore Nativitatis Christi, è una delle opere sacre più conosciute dell’immenso genio di Johann Sebastian Bach (Eisenach, 31 marzo 1685 – Lipsia, 28 luglio 1750). Fu composto nell’autunno del 1734, quando Bach era Kantor della Thomaskirche, la chiesa di San Tommaso a Lipsia, e quindi incaricato dell’apparato musicale liturgico della città.
Una struttura complessa
Diviso in sei parti, accompagna i giorni delle feste natalizie, ripercorrendo le parole dei Vangeli di Luca e di Matteo: testi asciutti, brevi, che vengono adattati e distesi sul tempo di Natale e messi in musica per essere eseguiti in occasione delle festività comprese tra il 25 dicembre e il 6 gennaio, giorno dell’Epifania. Oltre ai passi evangelici, troviamo alcuni corali, soprattutto quelli di Martin Lutero, melodie tradizionali, come quelle di Paul Gerhardt, Johann von Rist e di Christoph Runge. Ricorre, in particolare, la celeberrima melodia di Hans Leo Hassler, che era stata già utilizzata e integrata da Bach nella sua Passione secondo Matteo. L’architettura dell’Oratorio di Natale alterna introduzioni strumentali, cori e voci soliste, legati dal recitativo di un Evangelista: il secondo capitolo di Luca per le prime tre cantate e parte della quarta; il secondo capitolo di Matteo per la seconda parte della quarta e le ultime due. È un vero racconto in musica, simile al melodramma, genere che però trattava il mondo mitologico. Equivale piuttosto al genere teatrale delle sacre rappresentazioni, in voga dal XVI secolo.
I pastori, come nei Vangeli, protagonisti della Natività
Le prime tre cantate corrispondono al cuore della solennità festiva: Natale, Santo Stefano e San Giovanni Evangelista (25, 26 e 27 dicembre). La prima, per il giorno di Natale, è incentrata sull’annuncio ai pastori; la seconda, sull’angelo, la stella e l’adorazione dei pastori; la terza parte, sui pastori che “se ne tornarono glorificando il Signore”.
Possiamo ascoltare le tre prime cantate sul podcast della trasmissione di Radio Vaticana, "Lo scrigno musicale", a cura di Pierluigi Morelli.
La quarta cantata corrisponde al 1° gennaio, giorno della circoncisione di nostro Signore Gesù Cristo e il suo nome; nella quinta, la prima domenica dopo Capodanno, i Magi dialogano con Maria, mentre Erode esprime tutta la sua apprensione alle parole del profeta; nella sesta, per il 6 gennaio, vi è l’adorazione dei Magi.
La voce di Maria
Una figura si staglia luminosissima in diversi punti dell’Oratorio: è Maria. Bach fa cantare anche la Vergine, in coro o come voce solista. Maria, che nei Vangeli parla pochissimo e si esprime piuttosto con il silenzio, in questa opera, ma per la verità anche in altre di musica sacra, fa sentire la sua voce. Il compositore tedesco non lo dichiara in modo esplicito, ma la voce di contralto è quella della Madre del Signore, che nei primi tre canti attrae come una calamita, con la sua intensa dolcezza. Con quella ritrosia pudica e accorata che contraddistingue la sua ineffabile femminilità. È come dipinta di note, la bellezza della Vergine. Non a caso, nel corale n. 5 della prima parte è stata impiegata la melodia di Hassler, una delle frasi musicali che più identificano Bach e che sembra riuscire a simulare il respiro di Dio. Nell’arte, nell’iconografia della Natività, ciò che più colpisce lo sguardo e incatena all’adorazione è l’immagine di Maria che contempla, tiene in braccio o allatta suo Figlio. Nell’Oratorio si può dire la stessa cosa, specie nel momento in cui lei intona una ninnananna, considerata dagli studiosi fulcro dell’intera composizione: “Dormi, mio amatissimo, godi del tuo riposo, veglierai dopo per la salvezza di tutti! Consola il cuore, senti il piacere là dove i nostri cuori gioiscono…”
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