La solidarietà del Gruppo India nel mondo, dove ogni sconosciuto è un fratello
Francesca Sabatinelli e Federico Piana - Città del Vaticano
Da una parte c’è il lavoro di supporto, dall’altro quello materiale, sul terreno, “è come respirare a due polmoni”. Suor Mary Stephanos, superiora provinciale per Siria e Libano delle Suore della Carità di S. Antida usa questo potente richiamo, polmoni, per raccontare il sostegno, soprattutto economico, che da anni arriva alla sua Congregazione dal Gruppo India. Per le religiose che lavorano in molti luoghi difficili, come Sudan, Sud Sudan, Etiopia, Egitto, Siria, Libano, l’aiuto del Gruppo si dimostra fondamentale nel sostenere i bambini che vivono in mezzo alla strada, chi è disabile, chi non ha accesso al cibo. “I poveri ci insegnano - spiega suor Mary - che, come dice San Vincenzo de’ Paoli, sono i nostri padroni e noi siamo al loro servizio”, che è ciò che accade grazie al comune cammino delle religiose e del Gruppo India e dei suoi piccoli gesti per “rendere concreto l’amore verso gli ultimi”.
Il progetto di padre Pesce
È dal 1980 che il Gruppo porta avanti questa missione, da quando, in prossimità del Natale, il gesuita padre Mario Pesce, decide di coinvolgere alcuni suoi studenti dell’Istituto Massimo - la scuola dei gesuiti a Roma - in un viaggio in India. È da lì che prende forma il Gruppo che prosegue nell’impegno di padre Pesce: quello della solidarietà cristiana attraverso l’aiuto di singoli e di famiglie, e che oggi, dalla cinquantina di bambini che aiutava all’inizio, è arrivato a sostenerne migliaia e migliaia in tutto il mondo. A raccontare la nascita di Gruppo India è un allievo di padre Pesce, che oggi ne è il presidente, Marco Petrini. Il suo ricordo torna a quel 1980, quando da studente seguì il suo insegnante per andare a scavare un pozzo “in una nuova missione delle suore Canossiane, in un villaggio al confine fra lo stato indiano del Maharashtra e quello del Gujarat”. Fu una avventura per Petrini e per gli altri 14 compagni di scuola partiti con lui al fianco del gesuita, “che già ci aveva insegnato il senso vero della carità, dell'amore fraterno”.
Una rete di generosità
È da qui che prende il via l’iniziativa “adozione-borsa di studio” destinata all’India e a tante altre realtà del mondo, 30 Paesi in tutto. Con 16 euro al mese si può dare, spiega Petrini, “la possibilità a un gruppo di bambini, di frequentare la scuola fino alle scuole superiori e avere quindi la possibilità di un futuro migliore, di avere un lavoro, di avere tante nuove prospettive di vita inimmaginabili all'inizio”. Al tempo stesso, si tratta di una iniziativa “di vera solidarietà cristiana” che chiede, aggiunge il presidente, “di aprire il proprio cuore a un bambino, a un gruppo di bambini lontani che non si conoscono, che rimarranno sconosciuti, ma che sono nostri fratelli”. Un invito alla conversione raccolto da tanti, e non solo a Roma, tante “gocce che ogni mese fanno un mare di solidarietà”. Il Gruppo India, spiega ancora Petrini, è un tramite tra la “generosità delle persone e chi dall’altra parte realizza queste iniziative”, questo perché si preoccupa di raccogliere e inviare le somme a istituzioni religiose partner del Gruppo, come i gesuiti, le suore della Carità di Santa Giovanna Antida di suor Mary, e poi ancora le Canossiane e le suore Maestre Pie Venerini, tutte realtà attraverso le quali si portano avanti opere che vanno dall’istruzione, alla sanità, da iniziative di autosviluppo alla fornitura di acqua ed elettricità.
L'instancabile impegno delle suore
Testimone oculare delle attività di Gruppo India è Luisa Marolla, pediatra in pensione, donatrice regolare da 40 anni che, di ritorno da un viaggio dall’Andra Pradesh, dove operano le Canossiane, in una lettera ha deciso di raccontare il suo stupore di fronte alle attività portate avanti dalle religiose accanto a donne sole, bambini, anziani, malati di Aids e addirittura intoccabili e di fronte anche alla gioiosa accoglienza ricevuta al suo arrivo e non soltanto dalle canossiane, ma da tutte le persone incontrate. “Quello che si racconta - scrive Marolla - non rende minimante l'idea dell’impegno delle suore, dei disagi che affrontano, percorrendo chilometri e chilometri a piedi, o al massimo in scooter”. Le religiose “lavorano senza fermarsi mai, girano per i villaggi, casa per casa, talvolta anche con una “clinica mobile”, per fornire un supporto medico immediato, incuranti del fatto che si tratti di cristiani, hindu o musulmani; scovano realtà nascoste come bambini malati chiusi in casa in attesa della morte, perché i genitori non vogliono o non possono portarli in ospedale, o anziani denutriti, malati, abbandonati dai figli”.
Il Natale è carità verso il fratello
Con una borsa di studio si può regalare il diritto all’istruzione ad un bambino che vive in un Paese in via di sviluppo, aiutandolo a uscire dallo sfruttamento e a ricevere un pasto sostanzioso e dignitoso. Una donazione può sostenere, in India ad esempio, i bambini colpiti da cecità, evitando loro di vivere abbandono e emarginazione. Una donazione può anche ridare il sorriso attraverso il microcredito, che consente a gruppi di donne di intraprendere attività di produzione, oppure attraverso la costruzione di pozzi, cisterne e di casette in muratura, con pavimento di cemento e servizi igienici, fondamentali per assicurare un tetto e per combattere le malattie. Sedici euro al mese per cambiare la vita di un bambino, ma anche di un villaggio intero. “È bello - conclude Petrini - vedere alcune realtà che dopo alcuni anni non hanno più bisogno di noi perché stanno sulle loro gambe, grazie al contributo di cui noi ci siamo fatti tramite. Non siamo una organizzazione per l'emergenza, ma cerchiamo di essere attenti al prossimo più vicino o più lontano, questo è il senso della spiritualità che è carità per noi. Natale è veramente l'attenzione al fratello, la carità nel senso pieno del termine”.
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