In un libro un viaggio tra santi e santuari in Italia
Marco Guerra – Città del Vaticano
La fede si alimenta anche con simboli, tradizioni, manifestazioni e tutto ciò che è legato alla religiosità popolare. La devozione ai santi, i santuari dedicati alla Vergine Maria e le feste religiose formano quindi un patrimonio di spiritualità che poi si riflette in maniera concreta nelle realtà locali che vivono queste esperienze dove si mescolano fede e cultura. Il popolo di Dio esprime, dunque, la sua fede anche in queste forme di devozione, sulle quali offre un’ampia panoramica il libro "Santi e Santuari d’Italia, feste e devozioni popolari", scritto dalla giornalista di Aci Stampa Veronica Giacometti ed edito da Città Nuova. Il volume ricorda che gli stessi Pontefici, in diversi documenti ufficiali del magistero, hanno riconosciuto le peculiarità positive della pietà popolare, la quale “manifesta una sete di Dio che solo i semplici e i poveri possono conoscere; rende capaci di generosità e di sacrificio fino all’eroismo”, scriveva Papa Paolo VI nell’Esortazione apostolica Evangelii nuntiandi.
L’indagine divisa per aree geografiche
Giacometti divide per ordine geografico e culturale la sua indagine nella tradizione della pietà popolare. Il volume mostra che Nord, Centro e Sud Italia al loro interno presentano alcune caratteristiche comuni che si sono sedimentate in 2000 anni di cristianesimo, ma l’autrice parte da un interrogativo ancora più ampio, ovvero se esiste un filo conduttore in tutta la religiosità popolare in Italia. “L’energia che passa dalla storia e dai luoghi di un santo pervade tutte le feste patronali e le manifestazioni di devozione popolare”, spiega a Vatican News Veronica Giacometti. La giornalista sottolinea che la devozione popolare non ha lasciato insensibili nemmeno i Papi e che lo stesso Papa Francesco l’ha definita come “il sistema immunitario della Chiesa”, mentre Giovanni Paolo II la considerava “una lezione di cristianità”.
L’importanza del santo patrono
Il santo patrono è appunto “pater”, la figura più importante di una località, evidenzia ancora Giacometti, e una festa o una processione aiutano la fede, sono un’occasione di ascolto della Parola di Dio. Tutto questo va quindi ben oltre il mero folclore, “sebbene ogni devozione rispecchia il luogo in cui si trova”, fa notare ancora Giacometti. “Se nel nord vediamo una maggiore permeabilità al contatto con i Paesi d’Oltralpe, anche grazie ai tanti scambi e ai lunghi pellegrinaggi - prosegue la giornalista -, al centro ritroviamo le figure più antiche da una parte e quelle del medioevo cristiano dall’altra; infine il Sud rappresenta il carisma, l’appartenenza e la carica emotiva più sentita”.
Il rapporto tra religione e cultura
La religiosità popolare manifesta una sete di Dio che resiste ai tempi attuali, dove tutto sembra mercificato. Secondo l’autrice, infatti, anche gli eventi più laici, collaterali alla festa religiosa, come concerti e convegni, possono esprimere una sincera “voglia di Dio”. Dal volume emerge che tutte le feste patronali e dei santuari hanno un programma religioso e uno culturale, facendo, quindi, da volano ad importanti eventi che valorizzano il territorio e alimentano la riflessione e la conoscenza nel popolo di Dio. “I momenti di convivialità, come quelli, ad esempio, legati alla gastronomia – aggiunge Giacometti –, servono ad avvicinare anche il semplice turista alla figura del santo e alla fede”.
L’Unesco riconosce il valore di queste feste
Per raccontare le feste patronali e i 31 santuari scelti per il suo libro, Giacometti ha parlato con gli organizzatori delle manifestazioni religiose e civili: “Ho raccolto le testimonianze di chi prepara le celebrazioni e le processioni ma anche di chi, semplicemente, vi partecipa e le aspetta tutto l’anno, perché in Italia non c’è evento più atteso di quello del santo patrono, che quasi sempre è anche un giorno di riposo per i lavoratori”. Il valore di queste ricorrenze, fa notare Giacometti, viene riconosciuto universalmente anche dagli ambienti più laici. Ad esempio, la festa di Santa Rosa a Viterbo, con il trasposto della "macchina" sulle spalle di cento facchini, dieci anni fa ha ricevuto dall’Unesco (l'agenzia dell'Onu per la cultura e l'educazione) il titolo di "Patrimonio immateriale dell’umanità". Queste giornate speciali sono oggetto di studi e ricerche, ma prima di tutto restano momenti che aiutano le persone a contemplare il sacro e a sperimentare la condivisione della fede e della devozione.
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