Semeraro: l'esempio di Sant'Agata, risposta all’indifferenza religiosa dilagante
Tiziana Campisi – Città del Vaticano
Capace di non lasciarsi sopraffare dalle prove e salda nella professione della fede: sono i tratti che contraddistinguono Sant’Agata, martire nel III secolo, a Catania, durante le persecuzioni dell’imperatore Decio, e che il cardinale Marcello Semeraro, prefetto del Dicastero delle Cause dei Santi, ha ricordato oggi, lunedì 5 febbraio, giorno della memoria liturgica, nel solenne pontificale celebrato nel duomo della città alle falde dell’Etna.
Sicilia, terra di martiri
Nella sua omelia, il porporato ha evidenziato che la Sicilia è terra di martiri e ha menzionato i due beati di questo secolo Angelo Livatino e Pino Puglisi, “che segnano un tratto di congiunzione con le antiche storie di martirio” di Santa’Agata e Santa Lucia. Sono tutte testimonianze che ci interpellano, ha detto Semeraro, perché “c’è chi, in un modo o nell’altro, dal nostro modo di essere cristiani si sente provocato” e se “qui da noi non c’è la persecuzione; c’è, però, qualcosa che è anch’essa drammatica e si chiama indifferenza”, e infatti “l’essere divenuti indifferenti agli occhi del mondo è oggi la più grande sfida sia per la Chiesa, sia per il senso religioso”.
Testimoniare l’amore di Dio sorretti dalla speranza
Si registra, oggi, una crescita della indifferenza religiosa, ed è diffuso il sentimento che “forse Dio non esiste, ma non importa perché, comunque, non ne sentiamo la mancanza”, ha fatto notare il prefetto del Dicastero delle Cause dei Santi, che ha invitato a riflettere su come la Chiesa può essere “segno dell’amore di Dio per il mondo, per tutto il genere umano”. Due le risposte fornite dallo stesso cardinale, suggerite da San Paolo: “testimoniare la gioia di essere amati da Dio e rendere conto, con dolcezza e rispetto, della speranza che ci anima”.
Evangelizzare
“La via della Chiesa di oggi non è quella di ‘cristianizzare’, ma di ‘evangelizzare’”, ha specificato il porporato, “ossia testimoniare quanto Dio abbia amato il mondo e quanto lo ami anche oggi”, e questo “a prescindere dalla nostra condizione, dalle nostre situazioni, dai nostri errori, dai nostri fallimenti”. L’esempio che ha offerto Sant’Agata è di aver conservato la speranza, ha concluso il cardinale Semeraro, sicché mentre subiva il martirio, Dio “la chiamava a essere partecipe della sua gloria”.
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