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Il cardinale Pierbattista Pizzaballa Il cardinale Pierbattista Pizzaballa

Pizzaballa: “Cessate il fuoco a Gaza, subito!”

Con un nuovo, pressante, appello lanciato dai media vaticani, il Patriarca di Gerusalemme dei Latini invoca la pace per la Striscia travolta dalla catastrofe: “La gente non ha più nulla: mancano cibo, acqua medicinali. Una tregua è possibile, basta volerlo”. La Chiesa locale impegnata nella preghiera e nell’aiuto a tutta la popolazione

Federico Piana - Città del Vaticano

“Un cessate il fuoco a Gaza è sempre più urgente”. Torna a ripeterlo di nuovo, il cardinale Pierbattista Pizzaballa. Il patriarca di Gerusalemme dei Latini affida ai media vaticani il suo nuovo grido di dolore che racconta di una Striscia dilaniata da morte e caos. “Oltre alle terribili violenze delle bombe c’è anche la crisi della vita ordinaria. Mancano cibo, medicinali, acqua. Ad esempio, i nostri cristiani - dice - riescono a cucinare una volta o due e quello che cucinano deve bastare almeno per una settimana".

Ascolta l'intervista al cardinale Pierbattista Pizzaballa

Sgomento per i morti per fame

Negli occhi del porporato sono ancora vivide le terribili immagini di quegli uomini, donne e bambini, che, qualche giorno fa, hanno perso la vita nel tentativo di accaparrarsi qualche scampolo di aiuti umanitari. “Sono rimasto sgomento - afferma, con un sospiro che sa di dolore - sgomento anche per il caos nel quale è caduta tutta la Striscia: non c’è alcuna forma di controllo del territorio e a complicare enormemente tutto c’è anche l’arrivo sempre più problematico degli aiuti umanitari”. Il cardinale Pizzaballa non trova adeguato che ora i pacchi alimentari e i beni di prima necessità vengano lanciati a grappolo con dei paracadute: “Serve - fa notare - una soluzione più sistematica e coordinata, perché una scelta di questo tipo rischia di aumentare la confusione”. E forse anche la calca ed i morti.

Una mamma piange il suo bambino morto
Una mamma piange il suo bambino morto

Soluzioni stabili

La convinzione del Patriarca di Gerusalemme - condivisa con tutti i Patriarchi e i capi delle Chiese della Città santa, che il 1° marzo scorso avevano firmato l’ennesimo appello alla pace - è che la tregua a Gaza non sia una chimera, un sogno irraggiungibile. “Basta volerlo - afferma - gli elementi per attuarla ci sono. Da ambo le parti, è necessaria la volontà di arrivare a dei compromessi. Credo che i tempi siano maturi per provare ad avviare percorsi diversi”. Eppure, anche se permangono molte, dilanianti, incertezze, per il porporato una cosa non può essere messa in discussione: “Dopo questa crisi, una delle più gravi in assoluto degli ultimi 70 anni, né israeliani né palestinesi saranno più disposti a soluzioni temporanee. Questi eventi obbligheranno tutti a trovare soluzioni stabili”. Due popoli, due Stati? “Non lo so. Tecnicamente mi sembra difficile - osserva - anche se sarebbe l’unica via possibile. È chiaro che qualsiasi cosa si sceglierà di fare dovrà dare garanzia di stabilità e libertà ad entrambi i popoli”.

Profughi accolti nella parrocchia Sacra famiglia di Gaza
Profughi accolti nella parrocchia Sacra famiglia di Gaza

Chiesa coinvolta

Dal racconto del patriarca di Gerusalemme emerge il ruolo di una Chiesa locale che “prega, che ha fiducia, che non si occupa solo delle proprie necessità ma riesce ad aiutare anche le popolazioni vicine”. E si comprende come, nel riserbo, stia tentando di “essere presente nei canali di comunicazione con il ruolo di facilitatore tra le parti coinvolte".

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04 marzo 2024, 16:17