Sacru, il contributo delle università cattoliche alla salute del pianeta
Michele Raviart - Città del Vaticano
Coniugare la ricerca scientifica più avanzata sul contrasto al cambiamento climatico e un approccio umanistico che possa avere a cuore anche la formazione di coloro che saranno i leader del futuro e dovranno occuparsi della salute del pianeta e delle persone. È questo il contributo, alla luce dell’enciclica Laudato si’, della ricerca delle università cattoliche su questa tema, riconosciuto con la pubblicazione di un articolo sulla prestigiosa rivista scientifica Lancet Planetary Health. Uno studio realizzato dagli esperti del gruppo di lavoro “Catholic Identity and Laudato si’, The Common Home and Social Justice” che fa parte del SACRU - Strategic Alliance of Catholic Research Universities - network di otto università cattoliche in tutto il mondo tra cui l’Università Cattolica del Sacro Cuore.
Un contributo ineludibile
Uno degli autori del paper, dal titolo “Laudato si’ and the emerging contribution of Catholic research universities to planetary health, è Paolo Gomarasca, ordinario di filosofia morale all’Università cattolica del Sacro Cuore. Il contributo delle università cattoliche sulla salute del pianeta, spiega, “è del tutto allineato alla sfida che Papa Francesco ha lanciato nel 2015 con l’enciclica Laudato si’, e che di fatto rappresenta la base di partenza di un ragionamento che è sia scientifico che umanistico”, spiega, ed è “proprio in questa interdisciplinarietà che coniuga rapporto scientifico con la Terra e rapporto umanistico con le persone che soffrono e con la Terra che soffre che credo il contributo delle università cattolica stia diventando sempre più ineludibile”.
Il bisogno di una formazione culturale e educativa
Si tratta di una sorta di “traduzione accademica” del concetto di “ecologia integrale” più volte enunciato da Papa Francesco. “Ora è chiaro - sostiene Gomarasca - che le risposte tecnico-scientifiche di contrasto al cambiamento climatico e al degrado ambientale sono fondamentali però non sono sufficienti” e lo stiamo vedendo "tutte le volte che i Paesi, soprattutto quelli più potenti, si ritrovano per stabilire le regole per il futuro del contrasto al cambiamento climatico. Basandosi soltanto su risposte scientifiche non riescono a trovare un accordo, perché è come se mancasse una formazione culturale ed educativa al rispetto della Terra e delle persone più fragili e vulnerabili”. “Ecco perché la risposta scientifica”, aggiunge, “non può essere sufficiente. Ci vuole anche tutta una formazione umanistica per una battaglia che è chiaramente anche una battaglia culturale”.
Consumiamo l'equivalente di tre pianeti Terra
Nell’articolo pubblicato su Lancet - riferisce un comunicato dell’Università Cattolica del Sacro Cuore - si evidenzia come le principali minacce alla salute del pianeta - i cambiamenti climatici, l'inquinamento e la perdita di biodiversità - ricadano in modo sproporzionato sulle minoranze e gli emarginati, che pagano il conto più salato in termini di malattie e morti premature. “La situazione è molto grave perché più di uno scienziato e più di una scienziata stanno oramai evidenziando come il punto di non ritorno sta per essere superato se non è già stato superato”, afferma il professor Gomarasca. “Questo significa - prosegue - che non potremo tornare indietro, ma potremo al massimo adattarci e in qualche modo resistere a quello che avverrà. In qualche modo tutta una serie di meccanismi si sono innescati. Non è una lettura pessimistica”, precisa, “ma purtroppo è inutile che ci giriamo intorno. Il tema è provare a cambiare il modello di sviluppo che abbiamo in testa, provare a cambiare davvero radicalmente il sistema produttivo con cui stiamo sfruttando il pianeta Terra e le sue risorse”. Ora, conclude Gomarasca, “è come se stessimo in questo momento consumando tre pianeta Terra. Non ce li abbiamo e quindi bisogna completamente cambiare approccio, ma per cambiare completamente approccio non ci bastano le soluzioni tecniche, bisogna cambiare la mentalità”.
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