Zuppi al Salone del Libro: ci si sta abituando al giustizialismo, no alla giustizia
Antonella Palermo - Torino
"Cosa significa vivere?": è stata la domanda al centro dell'incontro di stamane, in una sala gremitissima del Lingotto, tra lo psicanalista Luigi Zoja e il cardinale Matteo Zuppi, arrcivescvo di Bologna e presidente della Cei. Alla luce delle vicende di Raskol'nikov, narrate dallo scrittore russo Fëdor Dostoevskij in Delitto e castigo, e di quelle dell’Innominato nel romanzo manzoniano I promessi sposi, i due ospiti invitati nella seconda giornata dal Salone del Libro di Torino hanno conversato con il moderatore Alessandro Zaccuri rilanciando la logica del dono e la gratuità del perdono come orizzonti sociali e culturali in cui ripensarsi oggi pena l'autocentrismo e il desiderio di onnipotenza dell'uomo che sempre più caratterizza il nostro mondo.
Senza la dimensione del dono non si vive
È stato un confronto in cui si è parlato delle radici della psicanalisi russa, del potere di fascinazione del perverso, del ruolo della menzogna, dell'io ipertrofico che raggiunge una fase della vita segnata da una riparazione. Tutti temi presenti nella letteratura ottocentesca e che oggi interpellano sommandosi aspetti legati alla dimensione del digitale che ha scompaginato il soggetto e le sue relazioni. In ballo c'è la riflessione su individui ipertrofici che non riescono a mettersi nei panni dell’altro. "Il nodo che riguarda entrambi i personaggi è che facciamo secchi noi stessi e gli altri", afferma il presidente dei vescovi italiani che confida di commuoversi ogni volta, quando si trova a rileggere il capolavoro manzoniano. Se da un lato si registra un diffuso relativismo nella società contemporanea, sottolinea il cardinale, dall'altro bisogna arrendersi di fronte al fatto che "c’è bisogno del dono, senza questa logica non si vive. Dentro ciascuno c’è bisogno del perdono, cosa che non ritrovo da solo". La questione cruciale, infatti, è la trappola del virtuale: "Noi ci perdiamo dentro lo schermo e facciamo una gran fatica a ritrovare consapevolezza nell'universo digitale. C’è tanto bisogno dell’incontro che non può però non essere in presenza, non può essere in remoto". Zuppi osserva come "noi la religione l’abbiamo messa in sacrestia o relegata nel privato" e aggiunge che da entrambe le opere letterarie considerate emerge un insegnamento di fondo: che bisogna "arrivare a una forma di giustizia più grande. Ho l’impressione - dice Zuppi - che ci stiamo abituando molto al giustizialismo e non alla giustizia".
Il senso del Giubileo è liberazione
Il riferimento alla condizione delle carceri è scattato subito. A Vatican News il cardinale Matteo Zuppi, presidente della CEI commenta la richiesta di amnistia contenuta nella Bolla papale per il Giubileo diffusa ieri.
"Penso che il Papa ci aiuta a capire il vero senso del Giubileo - spiega Zuppi - che è quello di preparare il futuro, liberare da tutto ciò che appesantisce, è opportunità di ritrovare se stessi o di ritrovare un’azione che promette la speranza, che ha bisogno di consapevolezza e di opportunità come quella dell’amnistia". Rispetto al sogno di Francesco di poter aprire una Porta Santa di una prigione nell'Anno Santo, il cardinale è netto: "Se il carcere non ha la porta aperta, non è carcere, è un’altra cosa. Quando in maniera ignorante si dice 'chiudiamo la porta e buttiamo la chiave, ecco questo è sbagliato, sia per chi sta fuori che in realtà è più insicuro, sia ovviamente per chi sta dentro. È giusto, aprire la porta significa preparare il futuro, liberare dalle conseguenze del male e quindi sconfiggerlo". Come incaricato del Pontefice per trovare possibili vie di dialogo nel conflitto in Ucraina, il porporato afferma che su quel fronte "continua tutta l’attenzione per tutti gli aspetti umanitari, tutti. Da parte della Santa Sede - conclude - e da parte mia cerco di fare tutto quello che mi è possibile perché questa è l’indicazione forte di Papa Francesco. Credo che bisogna spingere la comunità internazionale perché ci si accordi per un quadro di negoziato".
Aprirsi all'incontro, viviamo un'idea deformata di 'sicurezza'
Di carcere, in particolare di condizioni delle carceri minorili, si è continuato a parlare nel panel successivo grazie alla collaborazione dell'associazione Antigone che monitora lo stato dei diritti dei detenuti in questi luoghi. Anche qui ha sostato il cardinale Zuppi ripetendo che abbiamo "un’idea deformata della sicurezza" e che il problema di fondo è l’atteggiamento usuale di considerare le prigioni un "altro mondo, invece non è così, sono un pezzo del nostro mondo". Di fronte a un pubblico numerosissimo di giovani, il presidente CEI ha ribadito: "Tu non sarai mai solo la tua colpa". Da qui l'appello a sensibilizzare sui temi della dignità perché di persone parliamo. Concetto rinforzato dalla scrittrice Silvia Avallone che ha portato la sua esprienza di curiosa di quegli spazi "che ci dicono di non guardare: periferie, carcere, fabbriche, ospedali. Abbiamo bisogno degli altri. Uscite di casa - è la sua appassionata esortazione - uscite dagli algoritmi che vi fanno incontrare solo gente come voi, superate l’indifferenza". Un messaggio forte all'inclusione perché tutto ci riguarda, anche gli scenari più scandalosi e repellenti. "Non so cosa darei perché i detenuti nei carceri minorili venissero qui al Salone per prendersi tutti i libri che vogliono e che non possono avere", ha concluso rivolta a quegli adolescenti che dice di amare tanto e a cui rivolge un ultimo appello: "Tenetevi stretta la scuola".
La ricerca di senso implica tempi lunghi e ascolto di sé
Nella stessa direzione di riappropriazione della capacità di valutare il senso dei nostri comportamenti si è espresso per Vatican News Luigi Zoja, autore peraltro de "Il declino del desiderio" (Einaudi).
Zoya spiega che la disciplina psicanalitica ha una concordanza con le dinamiche della Chiesa sulla ricerca di senso, "al di là della esecuzione dei propri doveri, cosa che tende a mancare sempre di più. Rispondiamo sempre più rapidamente al criterio dell'efficienza e sempre meno al criterio del senso che richiede silenzio e ascolto interiore". Sul tema, per esempio della sessualità, ne denuncia lo stato di "disastro in tutte le culture e in tutti i Paesi. Lo stato di confusione è totale. Le nuove generazioni sono spaventate dall'incontro sessuale, tendono a conoscerne solo deformazioni e non le sue forme. L'istinto è sempre meno controllato con l'abitudine alla digitalizzazione che spinge ancora di più a risposte sempre più veloci". Una risposta morale, invece, che implica uno sguardo interiore è più lenta e viene sempre più scalzata. Pertanto, osserva, per una seria educazione ci vorrebbe più contributo della scuola, delle istituzioni, delle famiglie, e per chi è credente anche della Chiesa.
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