Don Grimaldi: “Grazie a Francesco, accende i riflettori sul dolore nelle carceri”
Federico Piana - Città del Vaticano
“Il Papa vuole spalancare le porte alla speranza”. Quando ieri ha ascoltato Francesco aggiungere a braccio al suo discorso in Campidoglio la frase con la quale il Pontefice ha ricordato al mondo intero di voler aprire la Porta Santa di un carcere nel Giubileo del 2025, don Raffaele Grimaldi si riempito ancora una volta di gioia e commozione. Non perché la notizia fosse una novità – è contenuta nella Bolla di indizione dell’Anno Santo diffusa il 9 maggio scorso- ma perché “ribadisce la grande attenzione della Chiesa nei confronti di coloro che vivono la privazione della libertà spesso nella sofferenza”. Un vero atto di misericordia secondo l’ Ispettore generale dei cappellani delle carceri italiane che si concretizza con il lavoro senza sosta “degli operatori della pastorale carceraria come ad esempio i cappellani, i religiosi, i diaconi, i volontari che ogni giorno entrano nei penitenziari per sostenere e consolare i più esclusi dalla società”.
Buona occasione
Il Giubileo del 2025, dunque, potrà essere una buona occasione per ripensare il rapporto tra la società e la dimensione carceraria e quella della giustizia. “Sicuramente, anche perché lo stesso Papa Francesco invita i Capi di Stato al rispetto dei diritti umani e chiede l’abolizione della pena di morte considerata un provvedimento contro la fede che annienta ogni speranza”, spiega don Grimaldi. Che spera come l’apertura della Porta Santa in un luogo di detenzione e dolore possa accendere i riflettori su migliaia di persone “spesso totalmente dimenticate dalla società”.
Pericolose criticità
Al centro delle criticità del sistema carcerario italiano, l’ispettore generale dei cappellani individua come causa principale il sovraffollamento. “Non permette – sostiene- di stabilire un rapporto sereno con i detenuti. E poi quando manca il personale, quando la rieducazione non c’è, quando anche i medici non sono sufficienti nei nostri penitenziari si acuiscono le difficoltà, le incomprensioni, le violenze".
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