SLA e sclerosi multipla, Paglia: nuove prospettive di cura con le staminali cerebrali
Marina Tomarro - Città del Vaticano
In Italia sono circa 130 mila le persone affette da Sclerosi Multipla, con 3.400 nuovi casi l'anno, mentre circa 6.000 i pazienti colpiti dalla SLA, la Sclerosi laterale amiotrofica con 1.000 nuovi casi annuali. Per questi malati, che vivono situazioni di grande sofferenza che coinvolge anche le loro famiglie, si apre una nuova speranza: grazie alle ricerche effettuate presso l’IRCCS, di Casa Sollievo della Sofferenza, Opera San Pio da Pietrelcina a San Giovanni Rotondo e in collaborazione con Revert Onlus, le cellule staminali cerebrali possono rappresentare una nuova e promettente via per il trattamento di queste due patologie.
Una cura già partita per chi soffre di più
“Questa ricerca - spiega monsignor Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia Accademia per la Vita - è qualcosa di veramente straordinario, perché dona una speranza non solo a chi soffre di queste due malattie terribili, ma in realtà anche a chi soffre di patologie neurodegenerative come l’Alzheimer. Essere riusciti a portare a risultati concreti questa ricerca, fino a un processo di sperimentazione finale nel rispetto totale della prospettiva etica, è stato davvero difficile, e solo chi svolge il proprio lavoro con una enorme passione poteva riuscirci”. Le ricerche durate i diversi anni, sono state coordinate dal professor Angelo Luigi Vescovi, direttore scientifico dell’IRCCS, Casa Sollievo della Sofferenza, e presidente del Comitato nazionale di Bioetica. “Abbiamo presentato la fase due di questa ricerca - sottolinea Vescovi - cioè la fase del trapianto intracerebrale di cellule staminali cerebrali. Noi abbiamo già iniziato e abbiamo sottoposto al trattamento tre pazienti, con forme molto aggressive di SLA. Dalla fine di quest’anno dovrebbero essere fatti un trapianto ogni due settimane per un totale di 40 pazienti curati. Aspettiamo naturalmente i risultati, abbiamo aumentato il livello della sicurezza in tutte le nostre ricerche, e in questo il Covid ci ha aiutato ad essere ancora più scrupolosi”
"Trattamenti compassionevoli" per i malati e le famiglie
Queste malattie, come ha spiegato monsignor Paglia, vanno a coinvolgere anche le famiglie dei pazienti, che vedono spesso la loro quotidianità completamente stravolta. “Nel corso degli anni - racconta il presidente della Pontificia Accademia per la Vita - ho incontrato tanti malati con le loro famiglie. Molti di loro mi sono rimasti nel cuore. Hanno quel misto di speranza e disperazione che ti fa capire quanto sia importante far andare avanti la ricerca per loro. Bloccarla adducendo motivi etici, che non ci sono, perché qui è tutto fatto nel massimo rispetto della vita, vuol dire togliere loro la speranza di vivere un’esistenza dignitosa nonostante la terribile malattia. Mi ricordo di Marco, un ragazzo che ebbe la prima infusione di cellule il giorno in cui io sono arrivato a Roma nell’Accademia. Non posso dimenticare i suoi occhi, di chi aveva ricevuto un dono prezioso”. E dello stesso parere è anche il professor Vescovi, perché la ricerca non può essere solo medica, ma va a coinvolgere tutti gli aspetti emotivi di chi vive queste situazioni. “Sicurezze non ce ne sono, ma - sottolinea - è meglio una speranza di una disperazione vuota. Se potessi mostrare le mail che mi arrivano da tanti malati, si capirebbe quanto questo stia diventato uno degli aspetti prevalenti. Gente che da ogni parte del mondo mi scrive, perché l’unica alternativa è quella di morire. Ci piacerebbe dare loro una speranza, perché tutti possano avere accesso a queste cure, magari come 'trattamenti compassionevoli'. Purtroppo in Italia la legislazione su questo aspetto deve ancora lavorarci molto, speriamo in ulteriori aperture”.
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