Sud Sudan, Carlassare, neo vescovo di Bentiu: riconciliare, la missione più esigente
Federico Piana - Città del Vaticano
E’ grande e profonda la gratitudine che monsignor Christian Carlassare prova per il Papa che lo scorso 4 luglio in Sud Sudan ha eretto la nuova diocesi di Bentiu nominando il presule come primo vescovo comboniano di una porzione di Chiesa racchiusa in due territori: quello dello Stato dell’Unità, del quale la città di Bentiu è la capitale, e quello di un’area amministrativa autonoma dei Rouen, una popolazione appartenente alla tribù Dinka. Una vasta zona che sfiora i 38 mila chilometri quadrati con una popolazione di oltre un milione di abitanti.
Futuro da costruire
Il territorio per creare la diocesi di Bentiu è stato in parte acquisito dalla diocesi di Malakal, diventata troppo grande per poter continuare a dare completa attenzione pastorale a tutti i cristiani. E in fondo sarebbe stato difficile anche immaginare, conferma monsignor Carlassare, “l’idea di avere un piano pastorale condiviso fra comunità così diverse l’una dalle altre”. Il missionario di origini italiane, in Sud Sudan da quasi vent’anni, ai media vaticani spiega di essere consapevole che da adesso in poi ci sarà tutto da costruire: “Ci sarà davvero molto da mettere in piedi perché il conflitto etnico degli anni scorsi ha ferito particolarmente Bentiu ma la gente è forte, ha una grande storia di fede. Per me sarà una missione esigente ma che darà compimento alla mia vita, al missionario che sono, sempre a servizio di questa popolazione”.
Evangelizzazione contagiosa
C’è un momento di pura gioia nella storia recente dell’evangelizzazione di Bentiu che monsignor Carlassare sintetizza tornando con i ricordi agli anni della guerra civile “che aveva costretto molte persone a fuggire dai propri territori per andare in città dove hanno conosciuto il Vangelo. Questi uomini e queste donne, una volta tornati nelle proprie comunità, hanno radunato la gente in una situazione di povertà e di conflitto dando loro la possibilità di confrontarsi con gli insegnamenti di Gesù”. Ecco che dagli anni Novanta fino a oggi le conversioni si sono moltiplicate e sono nate moltissime comunità cristiane moderate da volenterosi e validi catechisti. “Se il numero dei sacerdoti in questo territorio è sempre stato esiguo, le comunità sono vive proprio grazie all’impegno di tante persone laiche” aggiunge il vescovo.
Piccoli numeri per grandi territori
I catechisti sono più di 600 e si inseriscono in una diocesi che conta almeno 600 mila cristiani. “Le parrocchie - racconta il presule di Bentiu - sono solo 7 sparse in un territorio molto vasto: 3 parrocchie sono in un territorio della tribù Dinka e 4 in un territorio della tribù Nuer. Ancora pochi anche i sacerdoti diocesani, al momento sono solo 7, mentre i seminaristi sono una decina, tra i quali due diaconi che tra poco verranno ordinati”. Anche i missionari non sono tantissimi: due cappuccini della Provincia Polacca e tre comboniani.
Riconciliazione, sfida prioritaria
Monsignor Carlassare, che fino ad oggi ha retto la diocesi di Rumbek per ben tre anni e che nel 2021, poco prima della sua ordinazione episcopale, aveva subito un agguato nella sua canonica rimanendo ferito alle gambe da alcuni colpi di arma da fuoco, conosce bene gioie e dolori del Paese dell’Africa orientale. Sa bene che la guerra e gli scontri hanno lacerato l’intera società e che il conflitto, generato dal mal governo e dall’incapacità di dare pace e sviluppo, ora sta acuendo la povertà aggravata anche dalle alluvioni. “Le cicatrici del conflitto - afferma il presule - provocano anche una forte inimicizia tra le comunità Dinka e Nuer, un’inimicizia che dobbiamo contribuire a cancellare. Credere nella riconciliazione è possibile e per la nostra Chiesa diventa una sfida davvero prioritaria".
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