Gugerotti: cerchiamo il bene e la pace tra le nebbie di odio e guerre
Tiziana Campisi - Città del Vaticano
Con un solenne pontificale presieduto dal cardinale Claudio Gugerotti, prefetto del Dicastero per Chiese Orientali, si sono chiuse ieri sera a Pavia, nella basilica di San Pietro in Ciel d’Oro, dove sono custodite le reliquie di Sant’Agostino, le celebrazioni per ricordare il grande padre della Chiesa, la cui memoria liturgica ricorre il 28 agosto. Il porporato ha trasmesso ai fedeli la benedizione di Papa Francesco, rivolta in particolar modo ai sofferenti, agli emarginati e a quanti sono in difficoltà, poi si è soffermato sull’esperienza personale di Agostino. Guardando, al momento attuale e alla paura della guerra “che ci coinvolge tutti”, ha ricordato quanto ha scritto il vescovo di Ippona nella lettera 229: “Il titolo che dà più gloria è proprio quello di uccidere la guerra con la Parola anziché uccidere gli uomini con la spada. Chi ama veramente la pace ama anche i nemici della pace”. Nella stessa missiva, inoltre, esorta al dialogo, ad eliminare i litigi, a respingere l'ingiuria non con l'ingiuria ma pregando “per chi fa l'ingiuria”, a rispondere con la pace “a chi non ama la pace e vuol litigare”, a considerare fratello l’avversario, il nemico, chi ci odia o detesta, a confrontarsi con mitezza. Un messaggio che più volte ci è giunto anche dal Papa, ha evidenziato il prefetto del Dicastero per Chiese Orientali.
Imparare a porsi domande
Infaticabile ricercatore della Verità, “che, passando per i momenti più bui - dalle domande senza risposta e anche dalle azioni più disordinate”, che sono anche quelle di molti oggi - Sant’Agostino, che ha trovato Gesù Cristo, lascia l'arte della domanda e del dubbio per cercare il bene agli uomini di oggi, raramente cercatori di sé stessi, “afferrati dalla paura di vivere in pace in un mondo di guerra, affamati dal desiderio di guadagnare di più e bisognosi di un po’ di amore senza fedeltà”. “Cercatore appassionato di un volto” e poi “difensore di quella fede che è via al volto”, “dopo anni di pellegrinaggio mentale”, Agostino trova Dio “dentro di sé”, nel proprio cuore, come lui stesso scrive nelle Confessioni. “Il Signore era lì, dentro di lui ad aspettarlo. E allora perché non si sono incontrati? Perché era Agostino che non stava dentro di sé, ma era fuori. La bellezza lo abitava, la ricerca della bellezza, ma lui la cercava altrove”. Abituati a vivere “anche noi fuori di noi stessi, in un tempo costante di alienazione di sé”, attaccati ai telefonini, ai computer “che portano appunto al di fuori di noi stessi, alla voce di altri, pagati venditori di fumo”, imparando da lui, “dobbiamo diventare i maestri delle domande - ha esortato il porporato - coloro che suscitano domande, coloro che inquietano le versioni stereotipate che ci danno i media”.
Dialogare con dolcezza
Infine da “Agostino, il fine ragionatore, il musico della Parola, che sfocia in quel paradosso della fede in un Dio che si fa uomo e muore per l'amore che nutre verso ciascuno di noi”, c’è da apprendere che bisogna parlarsi da fratelli, “con dolcezza”. “Sia appassionata la vostra parola, ma per il fervore della carità, non per l'esaltazione della discordia”, diceva ancora il vescovo di Ippona, “parole modernissime”, ha concluso il porporato, che ha invitato a pregare il dottore della Grazia perché risvegli “la forza di guardarci dentro per scoprire la perla preziosa”, Cristo.
Grazie per aver letto questo articolo. Se vuoi restare aggiornato ti invitiamo a iscriverti alla newsletter cliccando qui