Cerca

Perdonanza celestiniana 2024 Santa Messa e apertura della Porta Santa Perdonanza celestiniana 2024 Santa Messa e apertura della Porta Santa

Petrocchi: il perdono è antidoto al virus del conflitto

Durante la Messa nella Basilica di Santa Maria di Collemaggio, il cardinale Giuseppe Petrocchi, arcivescovo emerito dell’Aquila, ha aperto la Porta Santa in occasione della 730ma Perdonanza Celestiniana. Commosso il saluto alla comunità diocesana da parte del porporato che ha rinunciato al governo pastorale per raggiunti limiti di età

Paolo Ondarza – Città del Vaticano

“Una strategia intelligente ed efficace per costruire non solo la ‘Città di Dio’, ma anche la ‘Città dell’uomo’.  Un potente antidoto al contagioso ed epidemico ‘virus del conflitto’, che insidia gravemente la vita comunitaria e civile”. “Un ricostituente che sana e rimette in buona salute l’anima”. Così definisce il perdono il cardinale Giuseppe Petrocchi nell’omelia pronunciata in occasione del rito di apertura della Perdonanza Celestiniana che come ogni anno si celebra il 28 e il 29 agosto nella Basilica di Santa Maria di Collemaggio.

Perdonanza e pace

“La carità – ha detto il porporato - è l’unica risorsa, immunitaria e sanante, che può neutralizzare i “batteri” della inimicizia e della divisione”. Se la Perdonanza è “madre feconda”, la Pace è “sua figlia prediletta”, ha osservato Petrocchi con un pensiero ai nostri “giorni attraversati da drammatici ed impetuosi venti di guerra”.

Varcare la Porta Santa con umiltà

Papa Celestino V che ha istituito l’indulgenza plenaria di Collemaggio è dunque “uomo coraggioso e profetico” anche per i tempi attuali, “maestro e guida sulle vie della Parola e della Comunione, ecclesiale e sociale”. Da qui l’invito dell’arcivescovo a “celestinizzare” il nostro stile di vivere la Perdonanza”, ad assumere un atteggiamento penitenziale, varcare la Porta Santa “in compagnia della virtù dell’Umiltà”. Quest’ultima è una virtù che “illumina le zone d’ombra” ci consente di ‘ispezionare’ i ‘tunnel’ dell’anima in cui sono occultati pensieri, sentimenti e comportamenti macchiati dal peccato” per avviare un processo di purificazione e guarigione, una “pulizia pasquale” della memoria. Non significa cancellare i ricordi, ma rimuovere le emozioni negative ad essi legate, “sostituendole consentimenti positivi” derivanti dalla misericordia e dell’amore.

Il non-perdono che soffoca l’amore

L’invito è a riconoscere le proprie mancanze, con onestà etica e intellettuale: è faticoso, ma fa bene denunciare liberamente le proprie colpe. Il cardinale lo definisce “un atto di igiene spirituale e una terapia psicologica”. “Il non-perdono – spiega - infatti genera una patologia dell’anima” che “gradualmente soffoca la capacità di ricevere e dare amore”. Si tratta di un percorso penitenziale scandito da quattro dinamismi così descritti da Petrocchi: “perdonarsi come siamo stati perdonati dal Padre celeste; dare il perdono e chiedere perdono a coloro che abbiamo ferito con i nostri sbagli”.

Vivere la Perdonanza ogni giorno

Secondo l’arcivescovo emerito dell’Aquila, per vivere in pienezza la Perdonanza, “si deve varcare la Porta Santa in uscita, preceduti dalla Carità”, animati da una “scelta preferenziale per gli ultimi e gli scartati”. Il cardinale mette in guardia dal celebrare la Perdonanza come una semplice ritualità tradizionale e cita le parole di Francesco, ricordando la visita pastorale di due anni fa che ha “impresso una spinta planetaria alla Perdonanza”: “la prima verità della Chiesa è l’amore di Cristo”, “dove la Chiesa è presente, là deve essere evidente la misericordia del Padre”. Lo spirito della Perdonanza infatti non ha “limiti da calendario”, ma “è permanente”, “un incontro straordinario con la grazia, quindi fonte di incisivo rinnovamento: personale e collettivo”.

La cultura del Perdono

Importante quindi diffondere la Cultura del Perdono che discende dall’Indulgenza celestiniana: “Perdono, Giustizia e Pace sono un trinomio inscindibile per edificare un mondo secondo Dio e, proprio per questo, degno dell’uomo” ha concluso il porporato ricordando l’appello del Papa: “L’Aquila sia capitale, di perdono, pace e riconciliazione”, e rimarcando il rapporto tra Perdonanza e Giubileo oltre che tra Perdonanza e sinodalità:  si tratta di “evento collettivo” che va vissuto “al plurale”.

Il terremoto ha perso la guerra

Commosso il saluto all’arcidiocesi e a tutta la comunità cittadina pronunciato dall’arcivescovo emerito dell’Aquila, interrotto da numerosi applausi: “Posso affermare che, grazie alla resilienza e alla vigorosa reazione degli abitanti di queste terre, il terremoto ha perso la guerra, scatenata con furia demolitiva sul nostro territorio. In molti luoghi dove svettavano le insegne distruttive della morte, oggi sventola la bandiera gioiosa della rinascita e della vita. L’Aquila, Città crocifissa è già, anche se non ancora in modo compiuto, Città risorta: più bella e più accogliente di prima”.

Grazie per aver letto questo articolo. Se vuoi restare aggiornato ti invitiamo a iscriverti alla newsletter cliccando qui

28 agosto 2024, 18:45