Basilio di Cesarea, un uomo di comunione
di Charles de Pechpeyrou
«Perché Basilio è stato definito “il Grande”? Per i suoi scritti teologici? Per la saldezza che ha mostrato nell’esercitare il suo ministero episcopale? Per le numerose comunità che ha guidato con sapienza? Per gli innumerevoli rapporti che ha intrattenuto con le Chiese? Forse anche per questo, ma in realtà, credo che Basilio sia grande perché si è fatto piccolo dinanzi alla Parola»: lo ha sottolineato suor Lisa Cremaschi al termine del XXX Convegno ecumenico internazionale di spiritualità ortodossa, conclusosi oggi, giovedì, presso la Comunità di Bose, dedicato proprio a Basilio di Cesarea. Nella sua prolusione finale, la religiosa ha ripercorso «il cammino di queste quattro giornate di intenso studio e confronto tra cristiani provenienti da Chiese diverse» — focalizzate in particolare sull’insegnamento spirituale del Padre della Chiesa, sul suo impegno ecclesiale e sulla sua attività in ambito sociale — proponendo un riassunto dei contributi dei partecipanti.
Padre Agapie Corbu, ha riferito in particolare la monaca di Bose, «ci ha descritto gli elementi fondamentali per vivere alla presenza del Signore: non-distrazione, memoria incessante, rendimento di grazie, elementi che hanno caratterizzato la vita di Basilio negli anni di giovinezza».
Dal canto suo l’archimandrita Philaret (Voloshyn) ha riproposto la questione del rapporto tra solitudine e comunità. «Sappiamo bene — ha sottolineato a questo proposito suor Cremaschi — soprattutto noi che viviamo la vita monastica cenobitica, che non c’è vita comunitaria senza la dimensione della solitudine. Se Basilio nella famosissima Regola lunga 7 denuncia gli inconvenienti della vita solitaria, si erge in realtà contro una forma di eremitismo estremo. Se è vero che il fine della vita comunitaria è moltiplicare l’amore che è deposto come germe in noi fin dal nostro concepimento, la Regola lunga 6 riporta un elogio della vita “in disparte”».
Durante i lavori madre Philotei Ioannidou ha delineato quelli che dovrebbero essere i caratteri propri di chi svolge il ministero di presiedere a una comunità: mitezza dei modi, umiltà, misericordia, capacità di discernimento, vigilanza. «Ma soprattutto — ha ribadito suor Lisa — il priore/la priora deve diventare un esempio luminoso, testimonianza della presenza di Cristo, che insegna più con la sua vita che con le parole. Non è un maestro o un direttore spirituale, ma un padre, una madre che genera alla vita in Cristo».
«La comunità vive nel mondo, in questo mondo, in un preciso contesto storico e sociale. Basilio ricorre alla parola (pensiamo alle omelie indirizzate ai ricchi) e a gesti concreti nei confronti degli ultimi del suo tempo: malati, orfani, poveri», ha affermato inoltre la religiosa. Di questo ha parlato un’altra relatrice, suor Marie Ricard. Basilio segue l’esempio di altri che già avevano organizzato nelle loro chiese ospizi per i poveri. Lui stesso, all’epoca della grave carestia che colpì la Cappadocia, si cinse di un grembiule e si mise a distribuire la minestra ai poveri.
«Di fronte alle autorità di questo mondo, ci ha mostrato padre Nicu Dumitraşcu, Basilio vive la libertà di chi non ha niente da perdere perché già ha lasciato tutto per seguire il Signore», ha ricordato inoltre suor Lisa Cremaschi. Il Padre della Chiesa «non si lascia intimorire dal potere umano perché vive nel timore di Dio e sotto la guida dello Spirito trova il coraggio della parresia, di una parola vera, autentica, franca».
Da parte suo padre Amphilochios si è chiesto «come può l’attività ecumenica di Basilio il Grande illuminare il problema della divisione e il cammino verso l’unità e la piena comunione eucaristica». A questo proposito ha individuato nell’opera di Basilio alcuni presupposti per ritrovare l’unità tra cristiani: l’accordo nella fede ortodossa, la sinodalità e il dialogo della carità.
La relazione finale del vescovo Maxim (Vasilijević) ha cercato di delineare l’apporto di Basilio per le Chiese e il mondo di oggi. «Certamente le sfide che noi dobbiamo affrontare sono diverse rispetto a quelle del IV secolo — ha commentato la monaca di Bose — ma la sapienza e il discernimento di questo grande Padre nell’accostare i vari campi del sapere, incluse le scienze naturali e umane, la sua insistenza sulla dimensione comunitaria come antidoto all’individualismo e a una vita centrata sul proprio io hanno ancora molto da insegnarci».
Infine, suor Lisa Cremaschi ha plaudito i contenuti delle relazioni, evidenziando che «c’è sempre stata un’apertura a ciò che viviamo o che potremmo vivere noi cristiani in questo nostro tempo. L’obbedienza alla Parola, l’imitazione di Cristo e la vita nello Spirito, la custodia del ricordo di Dio e la vigilanza sono tutti elementi della vita spirituale per ogni credente in ogni situazione e in ogni tempo».
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