Il Dies Natalis di Santa Rosa raccontato attraverso la Macchina
Marina Tomarro - Città del Vaticano
L’imponente trasporto della Macchina di Santa Rosa, è una tradizione antica di Viterbo che nasce da un sogno. Infatti nel 1258 Papa Alessandro IV sognò per tre volte Santa Rosa che chiedeva di essere traslata, dalla nuda terra dove era stata riposta, al Monastero delle Clarisse di San Damiano a Viterbo. E il 4 settembre di quell’anno il corpo incorrotto della giovinetta venne trasportato in una solenne processione al monastero, portato in spalla da alcuni cardinali. Proprio per commemorare quel primo trasporto, nasce la stupefacente macchina di Santa Rosa. I facchini, per ricordare i cardinali che condussero la santa in spalla, portano ancora oggi in vita la fascia rossa.
Rosa: una giovane donna piena di pace e carità
Ma la festa dedicata alla santa Patrona di Viterbo inizia già giorni prima della sera del 3 settembre, perché grande è l’affetto dei viterbesi per la loro Rosa “La nostra Santa trasmette la concretezza del vangelo nel suo vissuto – spiega il vescovo della diocesi monsignor Orazio Francesco Piazza – e il popolo di Viterbo è molto legato alla sua figura. Lei è una donna vissuta nel passato, ma ancora molto attuale perché legata al quotidiano. Lei era una giovanissima ragazza laica che ha vissuto la sua fedeltà al Vangelo in un contesto molto difficile, cercò di portare pace nella sua comunità dove c’erano conflitti molto gravi, e questo ci riporta anche alla situazione attuale dove vi sono tanti conflitti frutto della follia umana. Rosa visse questo impegno pagandone le conseguenze, essendo perseguitata ed esiliata, ma lei non si fermò, portando aiuto li dove la povertà era più grande, e quindi oggi ci richiama anche a questo all’aiuto a quelle marginalità che ci sono nel mondo. Perciò non c’è distanza storica, ma l’attualità della sua testimonianza e della sua fede che incontra concretamente il vissuto di ogni persona”.
Il sorvolo del Cuore di Rosa
Qualche giorno prima del trasporto della Macchina c’è il suggestivo sorvolo della reliquia del cuore di Santa Rosa sulla città tusca. “Sono tre anni che si svolge questo momento molto emozionante – racconta il vescovo Piazza – Il cuore è la sintesi della persona, è quel sacrario dove avviene il discernimento per poter trasformare la fede nella concretezza del vissuto. Il cuore di Rosa che si congiunge con quello di tutti, soprattutto verso chi non può vivere i momenti intensi dei nostri festeggiamenti, come la Casa Circondariale o l’Ospedale Belcolle, dove ci sono tanti malati, un cuore che cammina per le strade per consolare e confortare chi è nella sofferenza”.
Semo tutti di un sentimento
Ma quando si parla della Macchina di Santa Rosa, non si può non ricordare i suoi “facchini”, senza i quali non sarebbe possibile lo spettacolare trasporto. “Si è Facchini di santa Rosa sempre non solo il 3 settembre – sottolinea Massimo Mecarini, presidente del Sodalizio dei “Facchini di Santa Rosa” – Ma quel giorno succedono cose straordinarie che se non vengono vissute diventa difficile perfino raccontarle. Di solito ci ritroviamo a fine mattinata con le autorità per un saluto, poi iniziamo il giro delle sette chiese per ricevere in ognuna la benedizione, dopodiché ci rechiamo al bosco dei cappuccini, dove incontriamo le nostre famiglie, viviamo insieme a loro un momento conviviale e le salutiamo. Una volta rimasti da soli, il capo facchino ci fa il discorso dove ci incoraggia a dare il meglio di noi quella sera. Così partiamo verso la chiesa di Santa Rosa, facendo però il percorso inverso alla processione. Arrivati alla chiesa di San Sisto, dove si trova il capannone che contiene la Macchina di Santa Rosa già accesa e pronta per essere portata, entriamo nella chiesa e riceviamo la prima benedizione “in articulum mortis”, poi usciamo e davanti alla Macchina riceviamo la seconda benedizione, e così siamo finalmente pronti per il trasporto. Man mano il capo facchino ci fa entrare tutti sotto la Macchina. Alla fine pronuncia la frase che ci fa partire: “Facchini di Santa Rosa semo tutti di un sentimento?” E a quella domanda diventiamo davvero tutti uniti come fratelli, ed è proprio questa magia che si crea che ci permette di superare tutte le difficoltà del percorso. Quando arriviamo è un’esplosione di gioia indescrivibile!” E un pensiero affettuoso di Mecarini va proprio allo storico capo facchino Sandro Rossi che quest’anno non sarà presente perché colpito da un malore alcuni giorni fa. “Ma lo aspettiamo per il 2025 – dice commosso- semo tutti de un sentimento e non ci separiamo!”.
La salita agli altari di Rosa raccontata attraverso la Macchina
La Macchina di Santa Rosa di quest’anno è completamente nuova e si chiama Dies Natalis. Progettata dall’architetto Raffaele Ascenzi, 30 metri, per più di 50 quintali, rappresenta tre momenti del percorso di Santità di Rosa. Alla base la morte, avvenuta nel 1251, a metà l'estasi e in cima il dialogo con Dio. Le figure di fedeli e angeli riproducono i visi di attuali viterbesi, secondo lo stile di Caravaggio. “E’ una macchina controrivoluzionaria la definirei – spiega il presidente Mecarini – perché torna alle Macchine ottocentesche del passato. Infatti in cima c’è una Croce e la Santa è in una nicchia subito in basso. È molto bella come struttura perché racconta dalla morte della nostra Rosa fino alla sua canonizzazione, e quindi è ricca di contenuti. Noi siamo pronti, quindi non ci resta che gridare tre volte evviva Santa Rosa e partire”
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