La speranza per i malati mentali in Indonesia, il progetto "Vite inceppate"
Silvia Giovanrosa – Città del Vaticano
Nell’arcipelago indonesiano sono 15mila le persone che, ancora oggi, subiscono l’inferno del "Pasung". I malati mentali o presunti tali, indipendentemente dall’età e dal sesso, vengono allontanati dalla famiglia d’origine e costretti a vivere nel più totale abbandono, rinchiusi in piccole celle e legati a ceppi di legno, senza cure né supporto psicologico. I padri camilliani del St. Camillus Social Centre nell’isola di Flores, a sud dell’Indonesia, da circa tre anni collaborano con Madian Orizzonti Onlus di Torino, si occupano della cura dei malati mentali dell’isola, sottoposti a questa pratica. La dottoressa Claudia Amoruso, psicologa, promotrice del progetto "Vite inceppate" sottolinea come ora si sia creato un rapporto di profondo rispetto reciproco con la popolazione locale: “C’è voluto un tempo di conoscenza - afferma - per stabilire dei legami di fiducia e ad oggi raccogliamo fondi per aiutare i pazienti indonesiani”.
Il circolo virtuoso che parte dall’Italia
Ciò che manca, anche nel caso del progetto Vite inceppate, sono i fondi per portare avanti la presa in carico dei malati che, per lo staff di Madian Orizzonti Onlus e per i padri camilliani dell’isola di Flores, sono diventati dei veri e propri figli verso cui si hanno delle responsabilità, spiega la dottoressa Amoruso. “Ciò che facciamo – dice – non è semplicemente una raccolta fondi ma mettiamo in campo delle vere e proprie attività di sostenibilità sociale”. In pratica, Madian Orizzonti Onlus si è fatta carico della cura di pazienti affetti da patologie mentali a Torino e che non avrebbero avuto accesso diretto alle cure, per raccogliere fondi in sostegno dei malati dell’isola di Flores. “Ad esempio – racconta la psicologa – ci siamo occupati di portare in visita, presso diversi professionisti del territorio, dei ragazzi affetti da autismo e come out put con gli stessi abbiamo realizzato uno spettacolo teatrale e la costruzione di un videogioco a scopo sociale, i cui proventi sono destinati ai pazienti dell’isola di Flores e alle attività del San Camillo Social Centre”.
L’obiettivo di ridare dignità alla persona inceppata
“L’intuizione è stata dei padri camilliani - sottolinea Claudia Amoruso. “Sono state costruite prima di tutto delle casette dove le persone possono vivere libere dai ceppi che le tenevano legate, ricevere delle cure, dormire su delle lenzuola pulite”. La liberazione dei malati è stata comunque un lungo processo. La dottoressa sottolinea, infatti, come inizialmente ci fosse una certa diffidenza da parte dai familiari dei malati. "La popolazione ci ha permesso di intervenire a patto che anche noi accettassimo la loro tradizione”, racconta Amoruso. Le persone dunque, venivano liberate dalle catene, poi i sacerdoti benedicevano le misure alternative al pasung, come ad esempio i medicinali. Subito dopo c’era il rito di liberazione dagli spiriti maligni da parte dei capi villaggio delle popolazioni incontrate. “Non abbiamo mai voluto sovrascrivere la cultura di questo popolo e questo rispetto reciproco ci ha permesso di andare avanti”, riferisce la psicologa. Il popolo indonesiano ha mostrato, in questo processo di incontro, una grande apertura. Secondo la dottoressa è stato straordinario vedere come, in realtà, ci fosse il profondo desiderio da parte della gente di lasciarsi coinvolgere in pratiche più umane, che promuovessero il rispetto e la dignità della persona.
La speranza portata dal Papa
Lo scorso 2 settembre Papa Francesco ha visitato l’Indonesia, portando il messaggio evangelico della vicinanza, della misericordia e della compassione. “Tutta la comunità indonesiana aspettava la visita del Pontefice", sottolinea la dottoressa Amoruso. “La sua venuta - conclude la psicologa - ha portato la speranza di essere visti, riconosciuti ed aiutati, affermando la possibilità di crescere come società non solo da parte cattolica ma anche da quella musulmana”.
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