Iraq, a Erbil la “Festa della Croce” nel segno dell’unità di fede
Federico Piana - Città del Vaticano
Ad Erbil si sta svolgendo un evento che per il nord dell’Iraq potrebbe essere definito storico. Ad Ankawa, sobborgo della città capitale del Kurdistan iracheno collocata nel nord del Paese mediorientale, centinaia di cristiani stanno partecipando alla “Festa della Croce”, iniziata lunedì 9 settembre e che si concluderà il prossimo venerdì. L’eccezionalità, che racchiude un’alta dose di speranza, è rappresentata dal fatto che questi cristiani sono cattolici, ortodossi e assiri: è la prima volta che, insieme, gioiscono pienamente nel ricordo del ritrovamento della Santa Croce sulla quale Nostro Signore morì per la redenzione di tutti gli uomini.
È la prima volta che, senza pensare a ciò che li divide ma soprattutto mettendo in evidenza ciò che li unisce, stanno pregando ogni giorno in una chiesa diversa e partecipando con trasporto ai vari incontri culturali organizzati nelle vie del sobborgo reso festante da luci e colori. Tutto per prepararsi alla festa liturgica della Santa Croce che si svolgerà il 14 settembre, per le chiese che seguono il calendario Gregoriano, o il 27 settembre per quelle che seguono il calendario Giuliano.
In apertura dei festeggiamenti, lunedì scorso, 9 settembre, una grande croce è stata portata in processione alla chiesa assira d’Oriente di San Giovanni Battista: un momento reso solenne e suggestivo dai canti intonati dal clero e dai fedeli che sorreggevano grandi candele accese, segno non solo di lode e adorazione ma anche di condivisione e pace. «Le Chiese erano solite celebrare questa commemorazione separatamente ogni anno. Ma quest’anno è stato meravigliosamente diverso» ha sottolineato monsignor Bashar Matti Warda, arcieparca della diocesi cattolica caldea di Erbil che ha organizzato l’evento con la benedizione di Mar Awa iii, Patriarca della Chiesa Assira d'Oriente, e dei vescovi delle Chiese Siro-Cattolica e Siro-Ortodossa.
Nel suo discorso pronunciato durante il festival, il Patriarca Mar Awa iii ha spiegato come «la celebrazione della Festa del Ritrovamento della Croce del nostro Signore Gesù Cristo rappresenta una tappa importante nel disegno divino nella Chiesa d’Oriente. Quando guardiamo alla croce, ricordiamo le sofferenze di Cristo, ma anche la sua gloriosa risurrezione dai morti. E quando facciamo il segno della croce su noi stessi, proclamiamo l’attesa del suo Secondo Avvento e la nostra fede nella vita eterna».
Il Festival della Croce non solo rappresenta un passo ulteriore e concreto nel solco dell’ecumenismo cui la Chiesa cattolica continua a dedicare molta importanza — basta ricordare l’affermazione di Papa Francesco contenuta dell’esortazione apostolica Evangelii gaudium secondo la quale «l’impegno ecumenico risponde alla preghiera del Signore Gesù che chiede che tutti siano una sola cosa» — ma è anche un segno positivo per il futuro dei cristiani iracheni: nel tempo, le guerre, l’instabilità politica e l’ascesa dello Stato Islamico hanno spinto migliaia di cristiani di tutte le confessioni a abbandonare il Paese. Proprio qualche tempo fa lo stesso monsignor Bashar Matti Warda, in assenza di statistiche ufficiali, aveva dichiarato che «in tutto l’Iraq rimanevano circa 300.000 cristiani». Un numero infinitesimamente piccolo che però non ha cancellato la speranza, come il festival di Ankawa sta dimostrando.
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