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Padre Ignazio Lastrico, missionario del Pime in Brasile Padre Ignazio Lastrico, missionario del Pime in Brasile

Giornata Missionaria 2024, l’importanza di esserci sempre e dovunque

In occasione dell’odierno 98mo appuntamento internazionale, dal tema ‘Andate e invitate al banchetto tutti’, la testimonianza dal Brasile di padre Ignazio Lastrico, del Pime. “Evangelizzare vuol dire creare l’incontro e accompagnare nel cammino di fede”

Giada Aquilino – Città del Vaticano

Dall’Amazzonia ad una favela di una grande città, il senso profondo della missione non cambia: è "annunciare il Vangelo, la novità di Gesù", riconoscere "le bellezze che il Signore ci regala, come il sentirsi a casa, ovunque". Non ha dubbi padre Ignazio Lastrico, missionario italiano del Pontificio istituto missioni estere (Pime), che dal 1998 opera in Brasile, Paese percorso in lungo e largo, dalle foci del Rio delle Amazzoni a Salvador (Bahia), fino a una parrocchia di São Paulo. "Sono nato nel centro di Milano e — racconta — la prima destinazione di missione è stata l’Amazzonia, prima a Macapá e poi più all’interno. Tre anni in una periferia: sono stato il primo parroco lì dove passa la linea dell’Equatore, in un quartiere tutto da costruire, con persone che venivano da altre zone. La sfida fu vedere una città che cresceva proprio da parroco, perché qui in Brasile si sente molta mancanza dei padri: perciò un missionario diventa subito come un responsabile della comunità. Poi quando sono stato destinato in una zona più interna, a Porto Grande, dove il territorio della parrocchia aveva 200 chilometri di estensione, con 96 comunità, le prove sono diventate altre. Nello Stato dell’Amapá, dov’ero, gli abitanti della zona sono caboclo, meticci, persone che vivono in condizioni difficili, di povertà, senza strade asfaltate, affidandosi all’agricoltura e alla caccia, ma sicuramente di fronte alla bellezza della natura". Lì padre Lastrico viaggiava molto, si muoveva con una jeep o con una barca, una canoa. "Mi spostavo una volta al mese, alternandomi nelle varie comunità: rimanevo fuori un’intera settimana e vivevo con la gente. Erano persone che mi incontravano solo due volte all’anno: molte comunità in Amazzonia hanno la possibilità di andare a messa solo due volte all’anno, quando arriva il sacerdote". C’era bisogno principalmente, spiega il missionario, di "stare vicino" alle persone, di "offrire un’amicizia". "Si organizzavano dei momenti insieme, per esempio il corso sul catechismo della Chiesa cattolica, a cui partecipavano 40, 50, 60 responsabili di comunità, per poi condividerlo con tutti. Non dimenticherò mai il signor Nicolau, che per partecipare a questi incontri faceva anche 30 chilometri a piedi nella foresta". Perché è soprattutto di rapporti umani che si trattava. «Era un cercatore d’oro che si era convertito, dopo una vita in un mondo molto violento e duro. Tempo dopo, in punto di morte, mi fece cercare per confessarsi e mi disse: 'Per tutta la vita ho cercato l’oro e alla fine ho incontrato quello vero, che è Gesù'. Ecco perché per noi missionari l’importante è 'esserci' sempre".

Ascolta l'intervista con padre Ignazio Lastrico

I gesti concreti dell’evangelizzazione

Nella parrocchia di Santana, 70.000 abitanti alla foce del Rio delle Amazzoni, dov’è stato dal 2015, padre Lastrico ha vissuto invece il periodo dell’emergenza Covid. Ma il missionario milanese assicura che per lui "la pandemia, anche se così difficile, è stata uno dei momenti più belli" della sua vita. "Sono stato obbligato dalla situazione, dall’isolamento, a chiedermi il perché dell’essere parroco lì. E così ho iniziato ad andare in ospedale, a visitare gli ammalati e a pregare per loro e con loro". Dal 2021 è parroco a São Francisco Xavier, in una favela di São Paulo. "Si chiama Vila Missionária, è un quartiere periferico che è nato cinquant’anni fa con i padri del Pime, ha più di 50.000 abitanti. Il 70% della gente in Brasile vive nelle favelas. Ci sono delle fasce di estrema povertà, ma soprattutto sono realtà in cui la gente esce molto presto al mattino per andare lavorare e torna la sera tardi. Anche i giovani lavorano durante il giorno e studiano la sera. Quindi gli incontri in parrocchia devono essere fatti tardi, perché altrimenti è difficile parlare con la gente". "Qui — spiega — evangelizzare vuol dire, come poi anche in Amazzonia, visitare case e famiglie. E poi creare varie modalità d’incontro: per esempio abbiamo introdotto un progetto di scuola di calcio e di ballo. Tutto nasce veramente dallo spirito che agisce, non c’è uno schema prefissato, è un’evangelizzazione che passa per gesti concreti". Come quelli dei progetti di accoglienza. "Con la Società san Vincenzo de’ Paoli, ci occupiamo delle necessità dei più poveri del quartiere. E abbiamo un progetto sociale per alfabetizzare le persone anziane".


Lo spirito della missione universale

L’impegno è quello di accompagnare la gente "in un cammino di fede, per esempio riflettendo sulle catechesi del Papa, anche in un contesto — prosegue — come quello di una grande città come São Paulo, dove la vita è veramente intensa, ma se non si ha un cammino da seguire c’è il rischio di lasciarsi sopraffare da altre cose, anche da sconfitte". Papa Francesco, nel messaggio per la Giornata missionaria mondiale 2024, sul tema: Andate e invitate al banchetto tutti, osserva come mentre il mondo proponga i vari "banchetti" del consumismo, del benessere egoistico, dell’accumulo, dell’individualismo, il Vangelo chiami tutti "al banchetto divino" dove regnano gioia, condivisione, giustizia, fraternità, nella "comunione" con Dio e gli altri. "Nelle comunità della parrocchia — riferisce padre Lastrico — in questi giorni abbiamo riflettuto sul messaggio del Papa, nel quale il Pontefice invita tutti a intensificare la partecipazione alla messa ed evidenzia l’importanza dell’Eucaristia. Il banchetto di comunità nasce proprio dall’Eucaristia e per questo motivo — aggiunge — dopo le celebrazioni cerchiamo sempre di fare una piccola festa insieme, cercando questa unità tra la celebrazione e la comunità". Ma le attività non si fermano qui. "Apriamo la chiesa molto presto la mattina, alle sei, perché la gente che va a lavorare abbia alla possibilità di avere un momento di preghiera, di silenzio, prima di affrontare le sfide quotidiane. L’importante è proprio invitare tutti a questo banchetto. E, per noi missionari, anche essere vicini agli altri missionari, chi in Giappone, chi in Bangladesh, chi in Russia: perché lo spirito missionario in questo mese di ottobre, e sempre, non è soltanto quello della missione nel proprio luogo ma della missione universale".

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20 ottobre 2024, 09:41