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Migrantes e Caritas: l'Italia "Paese reale" sull'integrazione è più avanti della politica

Presentata a Roma la XXXIII edizione del Rapporto Immigrazione che evidenzia come il fenomeno sia affrontato con una “logica emergenziale”. Monsignor Baturi: fondamentale ribadire l’esigenza di uno sforzo condiviso nell’educazione dei giovani in un’epoca in cui il Mediterraneo è di nuovo infiammato dalla guerra

di Valerio Palombaro

Un quadro con luci e ombre, dal quale si evince che l’Italia “Paese reale” è più avanti nell’integrazione dei migranti rispetto a un dibattito politico troppo legato alla logica emergenziale. È il messaggio che arriva dal 33º Rapporto Immigrazione Caritas Italiana e Fondazione Migrantes, presentato oggi a Roma alla Pontificia Università Urbaniana e intitolato “Popoli in cammino”. Un rapporto - come sottolinea nella prefazione il presidente della Conferenza episcopale italiana (Cei), cardinale Matteo Zuppi - che «ci aiuta a mettere a fuoco le coordinate fondamentali della mobilità, un fenomeno che attraversa pressoché il mondo intero e tutti gli ambiti del vivere sociale e che Papa Francesco, nell’enciclica Fratelli tutti firmata nel 2020 ad Assisi, definisce “un elemento fondamentale del futuro del mondo”». Anche il titolo scelto per il rapporto è un chiaro richiamo al messaggio di Papa Francesco per la Giornata mondiale del migrante e del rifugiato 2024, quando dice che «nei migranti del nostro tempo è possibile vedere un’immagine viva del popolo di Dio in cammino».

La risorsa immigrazione

«Spesso assistiamo al perdurare di un approccio orientato soltanto all’emergenza – sottolinea nella prefazione del volume il cardinale Zuppi - che trascura promozione e integrazione: dimentichiamo che l’immigrazione, se ben gestita, può essere una risorsa per la società». I dati parlano di 5 milioni e 300.000 i cittadini stranieri residenti in Italia; oltre 200.000 di loro hanno conseguito la cittadinanza lo scorso anno e in media rappresentano il 9% della popolazione residente. Si tratta di un aumento del 3,2 per cento dei cittadini stranieri residenti, in controtendenza rispetto al periodo del covid quando c’era stato un calo. E il contesto internazionale fotografa un trend di costante aumento dei flussi: i migranti sono triplicati negli ultimi 50 anni passando dagli 84 milioni del 1970 ai 281 milioni di oggi, stando ai dati dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim), fino a rappresentare il 3,6 per cento della popolazione globale.

Educare i giovani

«In un’epoca in cui il Mediterraneo è di nuovo infiammato dalla potenza devastatrice della guerra, ribadire l’esigenza di uno sforzo condiviso tra governo e istituzioni di tutti i livelli per un percorso educativo dei giovani è fondamentale», ha dichiarato nel suo intervento all’Urbaniana l’arcivescovo di Cagliari e segretario generale della Cei, monsignor Giuseppe Baturi, in quanto «pensare alla pace significa pensare all’educazione». Le migrazioni, dunque, non pongono solo problemi e ostacoli, ma spesso sono anche preziose testimonianze e storie di speranza. «La mobilità umana è uno dei fenomeni più complessi e discussi nel nostro tempo», ha osservato Baturi, indicando che i numeri devono essere «una via d’ingresso» per un rapporto che ci parla di storie, volti e vite concrete. L’azione evangelizzatrice, secondo il presule, si deve fare carico della «realtà storica» attuale in cui il fenomeno migratorio è un fatto ineludibile a livello politico, sociale ed economico.

Gli arrivi dei cittadini ucraini

Il rapporto Caritas Migrantes, come suo solito, è incentrato sull’Italia con diversi dati, storie di integrazione, ricerche e focus su aspetti specifici: cittadinanza, scuola e formazione, occupazione e diseguaglianze, accesso alle cure sanitarie. Un’edizione che è stata integrata da 4 ricerche inedite, frutto delle reti territoriali dei due organismi pastorali della Cei su lavoro, scuola e appartenenza religiosa. «Il rapporto ci offre la possibilità di fotografare una realtà di popoli in cammino alla ricerca di una possibilità di una vita migliore», afferma ai media vaticani don Marco Pagniello, direttore di Caritas Italiana. «Ne arriva una fotografia che ci dice come da una parte l’Italia abbia bisogno di migranti, in alcune zone vi è molta richiesta di manodopera, mentre d’altra parte c’è una “fatica culturale” che ci dice come l’integrazione sia qualcosa su cui c’è ancora da lavorare abbattendo pregiudizi e favorendo gli incontri tra le persone». Il rapporto, conclude don Pagniello, non racconta solo le fatiche dei migranti ma anche il loro apporto in termini di risorse. «I migranti di seconda e terza generazione sono la prova che i bambini possono studiare e crescere insieme», dichiara il direttore di Caritas Italiana, citando anche il recente contributo di tanti migranti scesi in strada per aiutare la popolazione alluvionata in Emilia Romagna. “L’Europa e l’Italia possono fare di più sull’immigrazione”, afferma nell’intervista don Pagniello, mentre è arrivata in Albania dall’Italia la prima nave che ha trasportato 16 migranti ospitati nei nuovi centri. «L’Ue, stando anche alle ultime affermazioni della presidente Von der Leyen, sta studiando con molta attenzione il modello Italia con la convenzione con l’Albania. Un progetto che anche noi guardiamo con molta attenzione per cercare di capire quanto veramente aiuti Italia, l’Europa, e soprattutto le persone a integrarsi e a vedere riconosciuti propri diritti. Al di là dei pregiudizi vogliamo capire se realmente per i migranti può essere possibilità». 

Gli stranieri più giovani degli italiani

Un altro dato che emerge è che la popolazione di cittadinanza straniera è nettamente più giovane rispetto a quella italiana: nella prima, la classe di età prevalente è quella fino a 17 anni (20,6%). Una nota positiva, inoltre, è legata alla crescita dell’occupazione per i cittadini stranieri. A guardare la tendenza generale in atto, tra il 2019 e il 2023, la domanda di lavoratori immigrati è aumentata significativamente con una crescita nelle assunzioni che riguarda tutti i livelli professionali. Ma rimane la criticità di assunzioni che sono prevalentemente a tempo determinato. I giovani migranti mostrano un tasso di occupazione superiore di quasi 10 punti percentuali rispetto ai loro coetanei italiani, sebbene il livello complessivo di occupazione nel Paese sia inferiore alla media europea. La questione dei Neet (giovani che non sono impegnati né in attività lavorative né in percorsi educativi o formativi) è particolarmente rilevante. Nel 2023, in Italia si sono registrati circa 1,4 milioni di giovani Neet, con una prevalenza significativa di italiani (85,1%), seguiti da giovani comunitari (2,9%) e non comunitari (12%). Il fenomeno dell'abbandono scolastico, noto come Elet, è un altro aspetto critico, soprattutto tra i giovani stranieri non comunitari: quasi un terzo di loro (29,5%) lascia prematuramente la scuola, un tasso che è circa tre volte superiore a quello dei giovani italiani (9%). Questo fenomeno è particolarmente evidente tra i giovani provenienti da Sri Lanka, Bangladesh e Senegal, dove più della metà dei giovani non completa il percorso di studi superiori.

I cristiani sono la maggioranza assoluta

Il rapporto, infine, evidenzia anche come all’inizio del 2024 i cristiani siano tornati ad incidere sul totale della popolazione straniera iscritta nelle anagrafi dei comuni italiani per il 53% del totale, mantenendo il proprio ruolo di maggioranza assoluta; quello di maggioranza relativa passa per molto poco ai musulmani, col 29,8% d’incidenza (1 milione 582 mila). Nella pratica religiosa comunitaria il ruolo dei cattolici immigrati – consacrati e laici, provenienti da Paesi extra-europei e in massima parte più giovani rispetto agli autoctoni – appare fondamentale. 

Mobilità e fede

Un intero capitolo del rapporto 2024 è dedicato al tema mobilità e fede. Parlando ai media vaticani, Simone Varisco, tra gli autori del rapporto per la Fondazione Migrantes, osserva come i migranti possono essere una risorsa. In particolare la maggioranza di loro è cristiana, per il 17% cattolici, e queste persone «andrebbero valorizzate di più anche nell’ottica della sinodalità perché potrebbero dare un apporto ancora maggiore». Infine, anche un invito ad un cambio di linguaggio nella narrazione del fenomeno migratorio.  «Nei media mainstream l’idea dell’immigrazione in Italia è legata alle immagini degli sbarchi nel Mediterraneo — osserva Varisco —. In realtà la rotta Mediterranea è solo una piccola parte; la rotta balcanica rappresenta quantitativamente un apporto maggiore, ma anche questa solo una parte rispetto agli oltre 5 milioni di cittadini stranieri giunti in Italia per altre vie». Secondo l’esperto di Migrantes, siamo di fronte a «una narrazione appiattita su alcuni stereotipi: nel bene e nel male, si parla della povertà dei migranti, della criminalità e dei problemi del salvataggio: un approccio emergenziale che non tiene conto che c’è una complessità maggiore di sogni, aspirazioni e cultura». «I cittadini stranieri in Italia — conclude Varisco —, con la loro partecipazione attiva, stanno plasmando quelle che sono, non solo la società e la cultura del futuro, ma anche del presente».

 

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16 ottobre 2024, 12:12