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Padre Jerzy Popieluszko, quarant'anni fa il suo martirio Padre Jerzy Popieluszko, quarant'anni fa il suo martirio

Popiełuszko, autentico modello di santità: convegno a Roma a 40 anni dal martirio

Il 19 ottobre ricorre l'anniversario del rapimento e del martirio del sacerdote polacco, assassinato dai funzionari del servizio di sicurezza e proclamato beato. Ieri, presso la Pontificia Università Gregoriana, gli è stata dedicata una conferenza con la partecipazione di relatori polacchi che hanno ricordato la testimonianza di don Jerzy che rimane ancora oggi un esempio ispiratore della costruzione dell'unità, della testimonianza della fede e della ferma difesa della verità e della libertà

Dorota Abdelmoula-Viet – Città del Vaticano 

Don Jerzy Popiełuszko era un sacerdote con addosso davvero l'odore delle pecore. Le conosceva bene queste pecore e cercava quelle disperse nelle periferie. Così è stato ricordato il francescano polacco - oggi citato dal Papa a fine udienza generale - assassinato esattamente quarant'anni fa, il 19 ottobre 1984, dai funzionari del servizio di sicurezza durante il regime comunista in Polonia, in una conferenza che si è svolta ieri, 15 ottobre, presso la Pontificia Università Gregoriana. "Da questa morte è nato il bene" è il titolo del convegno, organizzato dall'Ateneo pontificio congiuntamente con il Centro di Documentazione e Studi del Pontificato di Giovanni Paolo II a Roma, l'Istituto di Memoria Nazionale e il settimanale cattolico polacco Gość Niedzielny

Lotta totale contro la Chiesa

"La vita e l'attività del beato don Popiełuszko ci ricordano quanto sia importante tendere alla verità anche di fronte alle più grandi avversità", ha dichiarato da parte sua Adam Kwiatkowski, ambasciatore della Polonia presso la Santa Sede, in apertura dell'incontro. La storia del sacerdote martire è la stessa di numerosi altri consacrati perseguitati e assassinati durante il periodo del totalitarismo, la cui conoscenza è necessaria per comprendere la portata della repressione contro la Chiesa avvenuta nella Polonia del dopoguerra, ha fatto eco Jakub Gołębiowski dell'Istituto della Memoria Nazionale, ricordando tra l'altro: "Nonostante le enormi perdite durante la guerra, la Chiesa in Polonia era ancora forte nel dopoguerra grazie alla fede dei cattolici polacchi e all'atteggiamento del clero polacco". Nel corso degli anni, ha aggiunto, "ciò ha comportato la selezione di tattiche costantemente nuove da parte dei comunisti che combattevano la Chiesa". "I metodi erano nuovi e più sofisticati" e "ogni sacerdote dal momento dell'ingresso in seminario fino alla morte era trattato come un nemico del sistema comunista e un agente di uno stato straniero, il Vaticano". Lo stesso valeva per don Jerzy, sopra il quale la provocazione e la sorveglianza si concentrarono nel periodo del suo impegno nella pastorale degli operai di Varsavia e del nascente movimento “Solidarność”, e soprattutto quando il prete iniziò a celebrare Messe per la Patria.

"Due ore di libertà"

Queste celebrazioni Popiełuszko le presiedeva nella chiesa di San Stanisłao Kostka dopo lo scoppio della legge marziale. I partecipanti le chiamavano "due ore di libertà", ha ricordato la storica Ewa Czaczkowska. E proprio durante queste Eucaristie che don Jerzy offrì a Dio la sofferenza dei polacchi oppressi. Numerose testimonianze mostrano che le preghiere sortirono una vera guarigione spirituale dalla paura, dall'odio contro le autorità o dal desiderio di vendetta. Fino alla sua morte il sacerdote riuscì a celebrarne 26, con la partecipazione di migliaia di fedeli; le omelie pronunciate in quelle liturgie sono da considerare come una summa del suo insegnamento.

Vincere il male con il bene

Le sue parole, tratte dalla Lettera ai Romani, e ispirate agli insegnamenti dei suoi maestri spirituali, Giovanni Paolo II e il cardinale Stefan Wyszyński, primate del Millennio, divennero il testamento spirituale del Beato don Jerzy Popiełuszko, ha affermato la dottoressa Czaczkowska: "Questo era il suo modo di trasformare l'uomo e il mondo. Non la lotta, la violenza e l'odio, ma verità, bontà e amore". Il futuro beato le aveva pronunciate appena undici giorni prima della sua morte e, per l'ultima volta, durante una funzione celebrata lo stesso giorno del rapimento. Rapimento che - è stato sottolineato nel corso dell'incontro - i persecutori hanno cercato di tenere nascosto, affinché la piena verità anche sulla sua morte rimanesse sconosciuta il più a lungo possibile. Ad oggi, infatti, i dettagli di ciò che accadde il 19 ottobre 1984 rimangono oggetto di discussione tra i ricercatori. E ancora non ci sono risposte definitive su chi abbia ordinato allora l'omicidio.

"Orwell potrebbe aggiungere un capitolo"

La coincidenza dell'anno della morte di don Popiełuszko con l'anno scelto da George Orwell per il suo racconto anti-utopico del totalitarismo, 1984, è stata sottolineata dal pubblicista e politologo Andrzej Grajewski, il quale ha ricordato che oggi, quando "il contesto politico e sociale di quegli eventi si è affievolito, il loro contesto metafisico - lo scontro tra il Bene e il Male evangelico - sta diventando più visibile". Se Orwell avesse saputo del dramma avvenuto la notte del 19 ottobre 1984, avrebbe potuto aggiungere un nuovo capitolo alla sua opera, ha sottolineato l'esperto, indicando numerose somiglianze tra il mondo totalitario descritto dallo scrittore britannico e la realtà della Polonia Popolare in cui ha vissuto e predicato il Vangelo don Jerzy. 

Sacerdote per tutta la Chiesa

In diversi passaggi i relatori della conferenza hanno ribadito che la testimonianza e il martirio di don Jerzy Popiełuszko non sono solo una "questione polacca" ma patrimonio di tutta la Chiesa. "L'opera della sua vita non è merito nostro, né lui stesso è proprietà dei polacchi. Merita attenzione non solo in Polonia, ma in tutto il mondo, perché il suo messaggio, espresso in parole molto semplici, rimane valido fino ad oggi non solo in Polonia", ha dichiarato Andrzej Sznajder della sezione di Katowice dell'Istituto di Memoria Nazionale. Segno simbolico di questa "universalità" di don Jerzy è la presenza delle sue reliquie nel Santuario dei Martiri Contemporanei, la Basilica di San Bartolomeo sull'Isola Tiberina a Roma. Un quadro analogo emerge dalle statistiche citate durante l'incontro: dal funerale di don Jerzy al 2016, le sue reliquie sono state visitate da 23 milioni di persone provenienti da circa 140 Paesi del mondo. Le sue reliquie sono venerate in tutti i continenti e dei 1.800 reliquiari, 700 si trovano al di fuori della Polonia. Da ogni parte del mondo ci sono anche testimonianze di grazie ricevute per sua intercessione. 

Il sacerdote "francescano", modello per i giovani

Storici e pubblicisti si trovano quindi d'accordo: il sacerdote di Żoliborz è l'esempio necessario oggi in un mondo secolarizzato e pieno di conflitti. Lo hanno affermato, tra gli altri, i giovani che hanno partecipato alle Scuole Estive, organizzate dal Centro di Documentazione della Vita e del Culto a lui dedicato, operanti nella "sua" parrocchia di Varsavia. Come sottolineato da Jakub Gołębiewski, che ha anche preso parte alle iniziative estive, i giovani vedono in don Jerzy un autentico modello di santità, un uomo vero, radicale e fedele ai valori predicati.

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16 ottobre 2024, 11:15