CEI, un’alleanza sociale per promuovere la cultura della vita
Alessandro Di Bussolo – Città del Vaticano
È urgente “rianimare la speranza” promuovendo la cultura della vita e la scelta della trasmissione della vita, senza la quale “nessuna forma di organizzazione sociale o comunitaria può avere un domani”. Per questo la Chiesa deve farsi promotrice di “Un’alleanza sociale che promuova la cultura della vita, mediante la proposta del valore della maternità e della paternità”, che favorisca “l’impegno legislativo degli Stati per rimuovere le cause della denatalità con politiche familiari efficaci e stabili nel tempo” e che impegni “ogni persona di buona volontà ad agire per favorire le nuove nascite e custodirle come bene prezioso per tutti, non solo per i loro genitori”. È quanto scrive il Consiglio episcopale permanente della Conferenza Episcopale Italiana nel Messaggio per la 47.ma Giornata nazionale per la vita, che verrà celebrata il 2 febbraio 2025, sul tema “Trasmettere la vita, speranza per il mondo. Tu sei indulgente con tutte le cose, perché sono tue, Signore, amante della vita” (Sap 11, 26).
Il desiderio di generare dà futuro ad ogni società
Una Giornata che si celebrerà nel contesto del Giubileo, e quindi nel segno della speranza. Nel loro messaggio, i vescovi italiani fanno continuo riferimento alle indicazioni della Bolla di indizione di Papa Francesco Spes non confundit. Rilanciando l’invito della Bolla a rianimare “il desiderio dei giovani di generare nuovi figli e figlie, come frutto della fecondità del loro amore, dà futuro a ogni società ed è questione di speranza: dipende dalla speranza e genera speranza”. Per questo propongono che la Chiesa promuova “un’alleanza sociale per la speranza, che […] lavori per un avvenire segnato dal sorriso di tanti bambini e bambine che vengano a riempire le ormai troppe culle vuote in molte parti del mondo”.
La questione della natalità non sia bandiera politica
Tale alleanza, si legge nel Messaggio, “può e deve essere inclusiva e non ideologica, mettendo insieme tutte le persone e le realtà sinceramente interessate al futuro del Paese e al bene dei giovani”. Perché “se la questione della natalità dovesse diventare la bandiera di qualcuno contro qualcun altro, la sua portata ne risulterebbe svilita e le scelte relative sarebbero inevitabilmente instabili, soggette a cambi di maggioranza o agli umori dell’opinione pubblica”.
La drammatica “strage degli innocenti”
I vescovi italiani ammettono che la situazione attuale non aiuta a credere nel domani, davanti alla “strage degli innocenti” dei tanti bambini “che perdono la vita nei teatri di guerra”, “quelli che muoiono nei tragitti delle migrazioni per mare o per terra”, “quanti sono vittime delle malattie o della fame nei Paesi più poveri della terra, a quelli cui è impedito di nascere”. Questo, sottolineano, “induce molti – soprattutto i giovani – a guardare al futuro con preoccupazione, fino a pensare che non valga la pena impegnarsi per rendere il mondo migliore e sia meglio evitare di mettere al mondo dei figli”.
Quale futuro se ci si riarma invece di dialogare?
Ma si chiedono: “quale futuro c’è per una società in cui nascono sempre meno bambini?”. E poi “il riconoscimento del “diritto all’aborto” è davvero indice di civiltà ed espressione di libertà?” La scelta della donna che interrompe la gravidanza è “veramente libera, o non è piuttosto costretta a una decisione drammatica da circostanze che sarebbe giusto e “civile” rimuovere?”. E infine “quale futuro c’è per un mondo dove si preferisce percorrere la strada di un imponente riarmo piuttosto che concentrare gli sforzi nel dialogo e nella rimozione delle ingiustizie e delle cause di conflitto?”. La risposta della Cei è che “abbandonare uno sguardo di speranza, capace di sostenere la difesa della vita e la tutela dei deboli, cedendo a logiche ispirate all’utilità immediata, alla difesa di interessi di parte o all’imposizione della legge del più forte, conduce inevitabilmente a uno scenario di morte”.
L’Italia dei pochi figli e troppi “pets”
Segue nel Messaggio l’analisi di un Paese, l’Italia, con “pochi figli e troppi ‘pets’”, nel quale si registra “da anni un costante calo delle nascite, che preoccupa per le ricadute sociali ed economiche a lungo termine”. E dove alcune indagini “registrano anche un vistoso calo del desiderio di paternità e maternità nelle giovani generazioni, propense a immaginare il proprio futuro di coppia a prescindere dalla procreazione di figli. Altri studi rilevano un preoccupante processo di “sostituzione”: l’aumento esponenziale degli animali domestici”.
Aborto, rinuncia ad accogliere. I Centri di aiuto alla vita
Si constata poi “la rinuncia ad accogliere la vita”, con lo sviluppo, dovuto ad alcune interpretazioni della legge 194/78, nella coscienza di molti, della “scarsa o nulla percezione della gravità dell’aborto” tanto “da farlo passare per un ‘diritto’, mentre la difesa della vita nascente è intimamente legata alla difesa di qualsiasi diritto umano”. E i vescovi italiani lamentano che “restano largamente inapplicate quelle disposizioni” della legge 194/78 tese a “favorire una scelta consapevole da parte della gestante e a offrire alternative all’aborto”. Segnalando che “i Centri di Aiuto alla Vita, che in 50 anni di attività in Italia hanno aiutato a far nascere oltre 280.000 bambini”.
Genitori ad ogni costo? La strada di affido e adozione
Infine il Messaggio per la Giornata nazionale per la vita segnala il fenomeno, sempre più frequente, “del desiderio di diventare genitori a qualsiasi costo, che interessa coppie o single, cui le tecniche di riproduzione assistita offrono la possibilità di superare qualsiasi limitazione biologica, per ottenere comunque un figlio, al di là di ogni valutazione morale”. E invitano ad accompagnare le persone che avvertono la mancanza di figli “a una generatività e a una genitorialità non limitate alla procreazione, ma capaci di esprimersi nel prendersi cura degli altri e nell’accogliere soprattutto i piccoli che vengono rifiutati, sono orfani o migranti “non accompagnati”. Un ambito che richiede “una più puntuale regolamentazione giuridica, sia per semplificare le procedure di affido e adozione che per impedire forme di mercificazione della vita e di sfruttamento delle donne come ‘contenitori’ di figli altrui”.
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