Il cammino sinodale della Chiesa italiana Il cammino sinodale della Chiesa italiana

Chiesa italiana, conclusa l'Assemblea sinodale: il senso di camminare insieme

Il 17 novembre è terminato l’incontro che si è svolto a Roma a San Paolo fuori le Mura. Le conclusioni dell’arcivescovo Castellucci: “Abbiamo avuto cura di non dimenticare gli ultimi, quanti abitano nelle periferie esistenziali, i poveri. Ora l’impegno sarà di tradurre in decisioni e scelte concrete le riflessioni raccolte nelle fasi di ascolto e discernimento”

Giovanni Zavatta – Città del Vaticano

Nessun testo scritto, per adesso, perché «prima ancora e forse più ancora» il Cammino sinodale è la bellezza di essere «popolo profetico», celebrare, pregare, interagire insieme, alla stessa mensa, allo stesso tavolo. L’arcivescovo Erio Castellucci, presidente del Comitato nazionale del Cammino sinodale, riassume così la conclusione della prima Assemblea sinodale delle Chiese in Italia che si è svolta dal 15 al 17 novembre nella basilica romana di San Paolo fuori le Mura. Una conclusione caratterizzata dal messaggio che i partecipanti hanno voluto inviare a Papa Francesco ringraziandolo per le sue parole di incoraggiamento e di sostegno. In questi giorni «abbiamo colto la vivacità che continua ad abitare le comunità dei nostri territori. Abbiamo avuto cura di non dimenticare gli ultimi, quanti abitano nelle periferie esistenziali, i poveri. Abbiamo pregato con loro e per loro […]. La nostra gratitudine diventa adesso impegno nel tradurre in decisioni e scelte concrete le riflessioni raccolte nelle fasi di ascolto e discernimento». Una missione da realizzare «nello stile della prossimità» come le comunità cristiane primitive: «Sentiamo anche noi questa vocazione a una missione condotta non in solitaria, ma insieme, per portare con coraggio e speranza il Vangelo, anzitutto attraverso la testimonianza dell’amore fraterno».

Camminare con l'umanità di questo tempo

Nel suo intervento monsignor Castellucci ha sottolineato quattro stili che hanno segnato le testimonianze contenute nelle sintesi diocesane: ascolto, dialogo, partecipazione e una “vista più profonda” che ha consentito di «scrutare le pieghe della nostra storia, cogliendo con umiltà sia le ferite dentro e fuori la Chiesa, sia i raggi di speranza e di vita che abitano il quotidiano delle case e delle strade e che spesso restano sepolti sotto la coltre delle cattive notizie». Un testo finale, ha osservato, «sarà certo necessario» e verrà discusso e votato nella seconda Assemblea sinodale (31 marzo-4 aprile 2025) e nella prossima Assemblea generale della Cei (26-29 maggio): «Ovviamente — ha spiegato Castellucci — non potrà contenere tutti i temi pastorali e sociali ma dovrà tenerli presenti perché costituiscono l’orizzonte missionario sul quale si deve misurare la riforma delle nostre Chiese; se a qualcuno sembra che gli argomenti proposti nelle schede siano troppo intra-ecclesiali è perché il Cammino sinodale si snoda su ciò che deve “cambiare” dentro la Chiesa, per poter camminare più speditamente con l’umanità del nostro tempo, cogliendo i frutti dello Spirito e annunciando il Vangelo di Gesù in maniera più snella». Il testo finale dunque «non potrà essere un corposo manuale di temi pastorali ma un tentativo di sbloccare alcune pesantezze che ora ci affliggono, perché siamo feriti dal peccato».

Accanto ai poveri

Nell’omelia della Messa conclusiva il cardinale presidente della Conferenza Episcopale italiana, Matteo Maria Zuppi, ha concentrato le sue riflessioni sulla Giornata mondiale dei poveri che si è celebrata ieri: «Siamo giudicati da cosa facciamo ai poveri, non dalle idee su di loro o dalle dichiarazioni. Essi non sono una categoria, ma persone da incontrare, toccare, vedere, sollevare. È una questione di amore che diventa risposte, case, rete di protezione, visita, anche economia rinnovata». I poveri, «in una cultura che ha messo al primo posto la ricchezza e spesso sacrifica la dignità delle persone sull’altare dei beni materiali, ci insegnano che l’essenziale per la vita è ben altro». Zuppi, riferendosi al “camminare insieme” che contraddistingue lo stile sinodale, ha esortato a trovare i modi (formali, aperti o spontanei) per esprimerlo «con i tanti mendicanti di vita che incontriamo, tutti fragili anche se lo dimentichiamo. È una fragilità da amare e non da giudicare, fuggire, nascondere, maledire. Da amare perché diventi forza, ricordando che è quando siamo deboli che siamo forti».

Le celebrazioni

La giornata di sabato, aperta dal confronto nei tavoli sinodali, era proseguita con la Lectio divina “La forza dello Spirito e la preghiera concorde” a cura di don Dionisio Candido, responsabile dell’apostolato biblico della CEI, e la presentazione, con Caritas Roma, da parte dei delegati di progetti a favore degli ultimi. Altro momento centrale la celebrazione dei vespri e la preghiera per le vittime di abusi guidate dal segretario generale della CEI, l'arcivescovo Giuseppe Andrea Salvatore Baturi.

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18 novembre 2024, 15:30