A Firenze, la croce che fiorisce e le stimmate di Francesco
Maria Milvia Morciano - Città del Vaticano
La basilica di Santa Croce a Firenze è certamente tra le chiese più celebri al mondo, riconoscibile per la sua facciata neogotica e il grande "Monumento a Dante Alighieri", del XIX secolo, di Enrico Pazzi. Al suo interno, si sussegue una teoria di tombe di italiani importanti: qui riposano tra gli altri Michelangelo, Galileo Galilei, Leon Battista Alberti, Ugo Foscolo, Gioacchino Rossini, Vittorio Alfieri, Leonardo Aretino e qui sono riunite le opere dei più grandi maestri dal Duecento al Novecento.
Una basilica dove arte, cultura e spiritualità si sommano in modo irripetibile
“Ero giunto a quel livello di emozione dove si incontrano le sensazioni celesti date dalle arti e i sentimenti appassionati. Uscendo da Santa Croce, ebbi un battito del cuore, la vita per me si era inaridita, camminavo temendo di cadere”, così scrive Stendhal nel suo memorabile diario di viaggio del 1817, Rome, Naples et Florence, parole che descrivono perfettamente la sindrome che prende nome dallo scrittore francese e che ormai è diventata proverbiale, oltre che essere oggetto di studi scientifici. La sindrome di Stendhal nasce infatto proprio a Santa Croce. Ma questa basilica è ancora di più e molto altro: è un centro fondamentale e secolare di spiritualità francescana. Proprio per aumentare questa consapevolezza, l’Opera di Santa Croce, ha avviato, tra le altre iniziative, un progetto di rinnovamento del percorso di visita, per portare il turista a calarsi nell’atmosfera spirituale trasmessa dal messaggio di san Francesco.
Una mostra a 800 anni dalla stigmatizzazione di Francesco
E nel nome del santo di Assisi, per celebrare gli 800 anni delle stimmate, è stata inaugurata, il 3 dicembre scorso fino al 30 marzo prossimo, nel Refettorio d'inverno del complesso monumentale, la mostra “La croce che fiorisce e le stimmate di Francesco. Un percorso fra testi e immagini a Santa Croce”, a cura di Sonia Chiodo, Giovanni Giura, Anna Pegoretti, Federico Rossi.
La presidente dell’Opera di Santa Croce, Cristina Acidini, ai microfoni di Radio Vaticana – Vatican News, introduce l'iniziativa e ne spiega le ragioni: "La mostra è ambientata nella prima sala del percorso museale - dice la presidente - successiva al refettorio, e su due pareti, attraverso nove manufatti, espone quella che è una storia in realtà estremamente complessa e che appunto prende origine da tradizioni diverse e scritture diverse della vita di Francesco, la prima di Tommaso da Celano, poi quella di Bonaventura. Da queste biografie emerge la questione critica di come raffigurare il miracolo della stigmatizzazione e anche la sostanza stessa del miracolo viene in qualche modo elaborata e via via interpretata in maniere diverse. In questi anni. che vanno dal 1240 circa al 1330, quindi in questo arco di secolo, si viene a precisare l'iconografia che conosciamo poi benissimo dai dipinti di Giotto, e poi di Taddeo Gaddi, del Crocifisso in forma serafica che irradia cinque piaghe a Francesco. E non si arriva subito a questa iconografia, ma attraverso elaborazioni graduali".
Da dove provengono le opere e i documenti in mostra?
Si tratta di opere d'arte, quindi dipinti su tavola, ma anche di importanti manoscritti membranacei che raffigurano a loro volta nelle miniature questa stessa iconografia che passa dalla forma più arcaica, che è quella del Maestro della Croce 434 della Galleria degli Uffizi, ancora vicina all’iconografia primordiale di questa complessa vicenda, e prosegue nel secolo attraverso altri manufatti prestati dalla Biblioteca Medicea Laurenziana, dagli archivi storici di Arezzo e dalla Biblioteca della Pontificia Università Antoniana di Roma. Provenienze molto importanti che sono state scelte dai curatori proprio perché dimostrino l'evoluzione del tema attraverso certamente le parole dei biografi, ma anche l'interpretazione degli artisti, miniatori e pittori.
Ci sono alcune opere di Taddeo Gaddi che tornano a Santa Croce, nella loro collocazione originaria. Quali sono?
Taddeo Gaddi è il protagonista della mostra, un artista forse meno apprezzato di quanto meriti perché successore di Giotto, ma che è veramente l'interprete della pittura gotica più presente, più importante in Santa Croce. Di Taddeo Gaddi nel refettorio c’è ovviamente “L'albero della vita” e da lì viene anche l'intitolazione della mostra “Il crocifisso che fiorisce” perché questo crocifisso, che nasce dall’antica radice dell'albero del bene e del male, poi produce tutta la santità francescana. Taddeo è l’autore di un tabernacolo dipinto con sportelli che viene presentato qui per la prima volta e appartiene a una collezione privata.
La raffigurazione della crocifissione con gli apostoli, le stimmate di san Francesco e altre figure, altri miracoli, è una sorta di manifesto della dottrina della redenzione con la crocifissione ma anche dell’impostazione religiosa francescana, quindi un'opera veramente di grandissimo interesse che non è stata prima mai esposta. Gaddi è autore molto presente in Santa Croce con partiture di affreschi nelle cappelle. È però assente da Santa Croce quello che era un arredo di grandissimo pregio e di grandissima importanza anche iconografica: si trattava di un arredo di sagrestia comprendente 28 formelle dipinte, delle quali 13 raffiguravano episodi della vita di san Francesco e 15 episodi della vita di Cristo. E la loro corrispondenza consolidava quel concetto di conformità della vita di Francesco a quella di Gesù, tanto da fare di lui un alter Christus. Questa corrispondenza trova il suo punto più alto nelle due formelle prestate dalla Galleria dell'Accademia di Firenze, che rappresentano la crocifissione di Cristo e la stigmatizzazione di Francesco. Quindi quelle piaghe che Cristo ha subito sulla croce sono le stesse che poi si imprimono nella carne di Francesco e che lo accompagnano per tutta la vita. Attraverso la pittura tutto questo si presenta chiarissimo e lampante.
Quale tipo di evoluzione si vede nelle immagini? Per esempio, nell'episodio delle Stimmate c'è un cambiamento iconografico apprezzabile?
Nelle immagini più antiche la figura stessa che irradia le stimmate è ambigua, perché nei testi si parla di una figura cherubica, quindi forse di un angelo, ma un angelo crocifisso, cioè un angelo compenetrato con la croce. Le prime immagini rappresentano un cherubino, con sei ali, ma anche con gli elementi di una croce e naturalmente il volto umano. Poi, regolarmente, da una immagine all'altra diventa un crocifisso, cioè Gesù crocifisso sul legno della croce, ma anche dotato delle sei ali che ne fanno una figura cherubica; è un concetto molto complesso che mantiene fedeltà alle Vite di Tommaso da Celano ma soprattutto di Bonaventura, che diventa poi la vita ufficiale, ma al tempo stesso è soggetta alle interpretazioni dei pittori. Poi c'è il numero dei raggi: nelle rappresentazioni più arcaiche, i raggi sono tre, come erano tre i chiodi di Cristo, ma le piaghe sono cinque e in seguito i raggi saranno cinque. Tutto ciò convalida che Francesco ha ricevuto la piaga del costato, che è stata messa in discussione, che fu oggetto di accertamento dopo la sua morte. Il fatto che i raggi siano cinque, crea una perfetta corrispondenza con le cinque piaghe di Cristo.
La mostra offre anche l'occasione di approfondire il rapporto di Taddeo Gaddi con Santa Croce...
È un invito a ripercorrere un itinerario dedicato a lui che lo trova protagonista nella Cappella Baroncelli, dove ha dipinto le "Storie della vita di Maria e dell'infanzia di Gesù" e ha collaborato al polittico Baroncelli, che è firmato sì da Giotto, ma che rivela anche la presenza della mano di Taddeo. E poi ci sono altri affreschi in altre cappelle, nella Cappella Bardi di Vernio, nella cappella Bardi di Mangona. Quindi affreschi, cingoli che fanno capire come Taddeo godesse della piena fiducia della comunità francescana. C'è da aggiungere che Taddeo è anche il padre di Agnolo, e Agnolo Gaddi, che conclude il percorso artistico della famiglia, arriva alle soglie del Quattrocento dipingendo la Cappella maggiore con le "Storie della vera Croce".
La mostra si inserisce nel progetto di rinnovamento del percorso di visita avviato dall'Opera di Santa Croce, ma non solo. Si tratta di un "nuovo tempo" di Santa Croce, caratterizzato anche dalla scelta di sviluppare attività di ricerca promosse dall'Opera. In che modo?
L'Opera, nel lungo percorso progettuale di rinnovamento anche dell'ingresso al complesso basilicale e conventuale, ha previsto che si non si entrerà più dalla basilica direttamente ma dal chiostro, passando dal refettorio delle sale museali, per acquisire una serie di suggestioni e di informazioni che consentano di arrivare alla basilica nella consapevolezza che si tratta di un importantissimo edificio sacro dell'ordine francescano. Questa è una consapevolezza che naturalmente qualcuno già possiede, ma molti visitatori, specialmente se provenienti da altri contesti e da altri paesi, non hanno. Quindi questo è il percorso mentale. Poi, sul piano metodologico teologico, si propongono degli itinerari che spieghino il radicamento dell'ordine francescano a Firenze, lo sviluppo di Santa Croce e poi l'apparato artistico che traduce in immagini i contenuti di fede. È un percorso che tocca vari livelli. Naturalmente il nostro auspicio è che non sia soltanto godibile dal punto di vista estetico, per quella straordinaria qualità che le opere d'arte rappresentano e anche per l'intensità del messaggio storico che Santa Croce trasmette attraverso le tombe dei grandi personaggi, ma che possano portare il visitatore in questa atmosfera spirituale che in tanti modi trasmette il messaggio di San Francesco.
Ci sono anche delle collaborazioni con istituzioni esterne e università?
Questi percorsi di ricerca vedono affiancate università come l'Università di Firenze ma non soltanto. Ci sono contributi provenienti da varie istituzioni come l'Università di Roma Tre, l'Università di Messina, specialmente in questa mostra, ma abbiano sempre acquisito le competenze necessarie per decifrare i possibili aspetti di valorizzazione e di presentazione dei contenuti proprio di Santa Croce. Ci sono anche ricerche in corso che riguardano per esempio aspetti scomparsi di Santa Croce come l'antico tramezzo e che però, anche se scomparsi, hanno lasciato tracce che è giusto ricucire con la storia del complesso odierno.
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