Porta Santa in Laterano, Reina: è un tempo lacerato, tendiamo le braccia a tutti
Antonella Palermo - Città del Vaticano
“Venire qui per liberarci, da tutti i nostri pesi e da quelli che il mondo ci pone”. È il comune desiderio che anima i pellegrini giunti di primo mattino, con l’aria frizzante e il cielo luminoso, nella Basilica papale di San Giovanni in Laterano per partecipare oggi, 29 dicembre 2024, al rito di apertura della Porta Santa che segna l'inizio dell'Anno giubilare in tutte le diocesi. C’è anche il sindaco di Roma, Roberto Gualtieri, che ieri ha inaugurato il piazzale antistante e l'area prospiciente alla Scala Santa tornati a risplendere grazie ai lavori di ripavimentazione, con ampie strisce di prato e le grandi fontane rotonde a raso con zampilli e nebulizzazione d'acqua. Religiose e religiosi, madri anziane e figli, giovani famiglie, fedeli, studenti e turisti da varie regioni del mondo. C’è un cuore pulsante che gioisce e freme per le sorti del pianeta e che spera. “È un grande onore poter essere qui”, ci dice una donna che accompagna sua madre. E una ragazza si fa portatrice di tutti coloro che avrebbero voluto esserci e non possono. “È fondamentale esserci, per cambiar vita, perché siamo chiamati alla santità”, dice una suora dal Messico. “È importante per noi perché senza Dio non si fa niente”, dice una coppia newyorchese con quattro bambini. “Che ci doni la speranza e di poter portare la sua Parola in mezzo alle persone”, è l’auspicio di una donna del nord Italia. La voce commossa di una distinta signora: “Sarebbe bello liberarci da tutti i nostri legacci e vincoli”.
In comunione con il Papa, si spalanca “la sua cattedrale”
Sì, la liberazione si rende possibile in questo tempo opportuno che il Signore ci offre per “sentimenti e scelte di misericordia, bontà e giustizia”. C’è la fila ai confessionali, le sedie predisposte sono già tutte occupate, molti restano fuori. Si leva l'orazione pronunciata dal cardinale vicario Baldo Reina per invocare su tutti coloro che varcano questa porta di essere accompagnati dalla grazia del Padre: "come gregge che si raduna nell'unico ovile possano vivere con frutto questo anno giubilare". In silenzio si spalanca il battente di bronzo della Porta Santa, una sosta in preghiera e poi le campane che risuonano nella "madre di tutte le chiese" sulle note dell'inno del Giubileo. Le mani del vicario a spingere, sul bellissimo altorilievo del ‘Cristo morto’ e la Madonna con il Bambino Gesù dalla splendida plasticità. In profonda comunione con Papa Francesco, nella sua cattedrale, si invita a sentire il sostegno del Pastore a cui qui la preghiera viene assicurata.
Vicinanza a chi patisce dolore, solitudine, povertà e fallimento
Il pensiero del cardinale vicario si rivolge "con particolare compassione a coloro che si sentono lontani e indegni" e a chi porta nel cuore "il peso di amarezze profonde". Malati, carcerati, chi è segnato da dolore, solitudine, povertà, fallimento: sono le persone care quest'oggi al cuore di chi guida il varco della basilica. Non si senta abbandonato "chi si è lasciato cadere le braccia per sconforto o mancanza di senso", chi non ha speranza o chi ha smesso di cercare le braccia del Padre perché "chiuso in sé stesso o nella sicurezza delle cose del mondo". Risuona la supplica: "In questo mondo lacerato da guerre, discordie e disuguaglianze tendiamo le braccia a tutti".
La preghiera per le famiglie in difficoltà
Per “provvidenziale coincidenza” oggi è la festa della Santa Famiglia di Nazareth, "modello di ogni comunità domestica e specchio della comunione trinitaria", ricorda Reina che invita proprio a riconoscersi tutti come famiglia di Dio, chiamata a crescere nell’unità e nella carità reciproca. La sua preghiera è accompagnata in particolare dal pensiero per i nuclei provati da difficoltà e sofferenze. In una delle intenzioni di preghiera durante la Messa, esplicita sarà la richiesta per le famiglie nell'indigenza: "siano al centro dell'attenzione dei responsabili della vita civile e ricevano adeguati sostegni per un futuro più dignitoso". Del resto, le famiglie quest'oggi assumono una visibilità speciale espressa dal gesto simbolico di alcune di loro che hanno varcato la Porta Santa accanto ai concelebranti: è la testimonianza di un'unica missione condivisa, avvertita "urgente nel nostro tempo", dice il cardinale nell'omelia.
Varcare la porta di casa per portarvi Dio
"La Porta Santa che abbiamo attraversato evoca quel gesto quotidiano che compiamo varcando la soglia delle nostre abitazioni. Questa porta, ora spalancata, ci ha introdotti non solo nella casa del Signore, ma nell’intimo del suo cuore". Nell'orazione per le famiglie, prima della Liturgia eucaristica, l'invocazione allo Spirito perché orienti le azioni dei coniugi, perché la crescita umana e cristiana dei figli trovi sostegno nella comunità domestica e perché l’amore, consacrato dal vincolo del matrimonio, si dimostri più forte di ogni debolezza e di ogni crisi. Sarà la raccomandazione rimarcata alla fine dell’omelia: che, varcando la porta di casa, si provi “a portare Dio dentro le nostre famiglie, dentro le relazioni quotidiane, nel rapporto con i figli, nei legami coniugali, nell’attenzione e nella cura degli anziani”.
Essere figli di Dio è un dono, costruire autentica fraternità
Il cardinale Reina attinge ampiamente alla parabola del Padre misericordioso per riscoprire cosa significa vivere la figliolanza ed evidenziare quanto deformata sia spesso la nostra percezione della paternità di Dio. Non si tratta di contrapporre i due fratelli, spiega, ma di cogliere la medesima fatica che entrambi vivono. Essi perseverano in un equivoco, un malinteso: da un lato, quello secondo cui "Dio sarebbe il nemico della nostra libertà, l’ostacolo da rimuovere per sentirci finalmente artefici della nostra esistenza", dall'altro quello per cui Dio sarebbe una figura dispotica che esige una obbedienza servile, senza amore. La relazione che il Signore vuole stabilire è pertanto quella in cui "essere figli non è una condizione guadagnata o meritata, ma un dono".
Le braccia aperte del Padre sono la porta santa
È l'abbraccio senza reticenze, quello del Padre, fondato su tenerezza, compassione e "speranza incrollabile", capace di restituire dignità, insiste il cardinale. Sempre alla luce del racconto dei due figli, nel Vangelo di Luca, Reina osserva con consolazione grande: "Quelle braccia aperte sono la porta santa. Non importa quanto lontani siamo andati, non è rilevante cosa abbiamo fatto, sprecato o rovinato. Nel momento in cui abbiamo deciso di tornare non troveremo mai una porta chiusa, ma un abbraccio che accoglie e benedice". E prosegue: "Da quelle braccia aperte impariamo a essere Chiesa, a divenirne il sacramento, famiglia del Dio che libera la nostra libertà verso il bene". Quindi, l'esortazione a entrare con fiducia, per gustare e contemplare la bontà del Signore, sperimentarne la gioia e diventare "instancabili seminatori di speranza e costruttori di fraternità".
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