Il vescovo Bohdan Manyshyn celebra la messa al fronte Il vescovo Bohdan Manyshyn celebra la messa al fronte

In Ucraina un Natale di rinascita, anche per i soldati al fronte

Rimanere umani anche là dove il confine tra bene e male si fa indistinto. Nell'imminenza del Natale monsignor Manyshyn, a capo dei cappellani militari in Ucraina, racconta le sfide pastorali nel contesto della guerra

Svitlana Dukhovych - Città del Vaticano

Per chi si trova in prima linea è difficile mantenere vivo il senso della sacralità di ogni festa religiosa, a maggior ragione in occasione delle ricorrenze più importanti come il Natale o la Pasqua. Sono periodi in cui il ruolo del cappellano militare diventa fondamentale nel sostenere i militari che si trovano al fronte, esposti all’orrore della guerra e lontani dalle proprie famiglie.

Dare un senso alla sofferenza

A spiegare le sfide e l’impegno pastorale dei cappellani militari in Ucraina è monsignor Bohdan Manyshyn, vescovo ausiliare dell'Eparchia di Stryi e capo del dipartimento della Cappellania Militare della Chiesa greco-cattolica ucraina, che parlando con i media vaticani dice: “E’ importante che il cappellano sappia dare un senso alla sofferenza dei militari coinvolti nei combattimenti. Non bisogna permettere che vinca la disperazione”. I sacrifici più estremi che le persone si trovano ad affrontare in un contesto di guerra devono essere percepiti “come un percorso di rinascita”.

Immagini di pastorale dal fronte
Immagini di pastorale dal fronte

Celebrare la vita anche in guerra

La guerra non deve diventare la negazione della vita, piuttosto la celebrazione della vita attraverso degli atti di generosità estrema. Il vescovo, che tante volte ha trascorso il Natale tra i militari, rievoca alcune esperienze che per lui rappresentano dei piccoli miracoli. Anche nelle zone di guerra nulla accade per caso: “Un giorno, - racconta mons. Manyshyn - a causa di un guasto alla macchina sulla quale viaggiavamo, avevamo accumulato un forte ritardo e pensavamo con rammarico al fatto che non saremmo riusciti a visitare tutte le località delle retrovie dove si trovavano i soldati reduci dai combattimenti. Quel ritardo, però, ci ha fatto imbattere in un militare, stravolto, appena rientrato dalla prima linea e che aveva bisogno di confessarsi e di fare la Comunione. Tutti gli dicevano che da quelle parti non avrebbe mai trovato un sacerdote”.

La comunione al fronte
La comunione al fronte

Rimenere umani

“La natura di un cappellano militare - spiega monsignor Bohdan Manyshyn - ha le proprie radici nella figura di San Martino di Tours e nel gesto di dividere il proprio mantello con un povero”. Il servizio di cappellani, secondo il vescovo Manyshyn, richiede sacrificio. «Ma in situazioni così estreme, – sottolinea, – si diventa testimoni di come Dio agisce nella storia di ogni vita umana e di come la cambia.” Al fronte passa il labile confine tra il bene e il male. “E il cappellano – conclude il vescovo - ha il dovere di ricordare al soldato di rimanere sempre umano e che le circostanze non sono superiori a lui”.

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24 dicembre 2024, 09:26