Carceri, don Grimaldi: le lampade della speranza per illuminare i cuori dei detenuti
Roberta Barbi ed Edoardo Giribaldi – Città del Vaticano
Sono grandi e colorate, riportano sulla pancia quella e croce e quell’ancora simbolo di speranza che tante volte Papa Francesco ha citato nelle parole che rivolge ai reclusi in ogni occasione che ha di incontrarli, l’ultima in ordine cronologico proprio l’apertura della seconda Porta Santa – dopo quella di San Pietro – nella chiesa del Padre Nostro all’interno del carcere romano di Rebibbia Nuovo Complesso, appena ristrutturata per l’occasione.
Sono le lampade della speranza, che ieri mattina in una speciale celebrazione nella Basilica Vaticana presieduta dall’Arciprete cardinale Mauro Gambetti, sono state consegnate ai delegati regionali dei cappellani, presenti in 15. In ogni regione, poi, nel corso del mese di gennaio, la celebrazione di apertura del Giubileo delle carceri a livello locale, con la lampada ancora protagonista, che porterà la sua luce in ogni istituto. Ma dietro questo simbolo c’è di più: “C’è il lavoro, quello dei detenuti della casa circondariale di Salerno che le hanno realizzate – racconta ai media vaticano l’Ispettore generale dei cappellani d’Italia, don Raffaele Grimaldi – e sappiamo che il lavoro è uno degli elementi fondamentali per il reinserimento in società di queste persone”.
L’incontro con le istituzioni: aiutateci ad aiutare
La cerimonia a San Pietro che ha inaugurato ufficialmente l’Anno Santo del cammino di Pastorale penitenziaria, è stata preceduta da un incontro nella casa circondariale di Regina Coeli a Roma con le istituzioni italiane, alla presenza, tra gli altri, del sottosegretario del Ministero della Giustizia Andrea Ostellari, del vicecapo del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria Lina Di Domenico, del capo Dipartimento della Giustizia minorile e di comunità Antonio Sangermano e del Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale Irma Conti. “Noi abbiamo presentato le attività che abbiamo intenzione di fare nel corso dell’Anno Santo, tra catechesi, celebrazioni, momenti di preghiera e di riflessione”, spiega don Grimaldi.
Suicidi in carcere, una sofferenza per tutti
“Sappiamo bene che a causa del sovraffollamento e della carenza di personale a volte la Pastorale non riesce a concretizzare tutte le sue iniziative – prosegue l’Ispettore dei cappellani - perciò il nostro appello alle istituzioni è stato proprio questo: aiutateci a far arrivare il Giubileo in tutti gli istituti. Una Chiesa viva deve aiutare i detenuti a vivere l’esperienza giubilare di conversione e rinnovamento della vita spirituale e umana”. Ma ad affliggere il mondo carcere è soprattutto la piaga dei suicidi, l’ultimo in ordine cronologico proprio a Regina Coeli, qualche ora dopo l’incontro. Era un giovane di 25 anni ritrovato impiccato in cella. “Quello dei suicidi è un dramma che fa soffrire tutti – commenta don Grimaldi – ed è un fallimento delle istituzioni le quali, pur avendo per mandato la custodia della vita, si trovano improvvisamente ad avere a che fare con la morte”.
La Porta Santa di Rebibbia: simbolo di accoglienza
L’Ispettore generale dei cappellani torna poi con la mente al giorno di Santo Stefano, quando Papa Francesco ha aperto la Porta Santa nell’istituto romano di Rebibbia Nuovo Complesso: “Il Santo Padre ha sempre avuto una predilezione per i detenuti e con questa scelta ha voluto richiamare l’attenzione su questo mondo dimenticato – ha detto – ma questa attenzione non deve essere rivolta solo a chi vive dentro, ma anche a chi finalmente esce fuori e deve reintrodursi nella società: un momento molto delicato che dalla società richiede accoglienza”. “Mi auguro che questa Porta Santa non simboleggi soltanto l’ingresso in carcere della società, con la cura e l’attenzione – ha concluso don Grimaldi – ma anche un passaggio al contrario, per chi dal carcere esce e torna a vivere nel mondo libero con un cuore rinnovato”.
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