Simboli di Cristo sui monti per il Giubileo del 1900
Maria Milvia Morciano – Città del Vaticano
L'anno giubilare è appena iniziato e gli occhi sono tutti rivolti verso Roma che spalanca le sue porte sante ai pellegrini e ai fedeli di tutto il mondo, ma su alcune vette d’Italia ci sono altri luoghi che custodiscono un fortissimo legame con l’Anno Santo. Statue del Redentore, o croci o cappelle, che svettano sulle cime dei monti sparsi da nord a sud nelle regioni d’Italia, furono innalzate in occasione del Giubileo del 1900.
Un periodo di crisi
Si approssimava il cambio di secolo, il periodo era travagliato, la questione romana non ancora risolta, lo Stato pontificio era chiuso dentro le mura leonine, Roma era stata persa insieme al potere temporale del Papa. I tempi stavano inoltre cambiando, incalzati dalla vertigine della modernità.
Il giubileo di cambio secolo
L’11 maggio del 1899, con la bolla Properante ad Exitum Saeculo, Leone XIII indisse l’Anno Santo. L’attesa, la speranza erano fortissime: era dal 1825 che non si celebrava un giubileo con solennità. Il Pontefice guardò più lontano, superando ogni confine fisico, guardò ai luoghi più remoti e dimenticati, alle comunità montane, spesso abitate da povera gente. L’autore della Rerum novarum rinnovava il suo interesse e la sua cura verso i più deboli esprimendo il desiderio di costruire dei monumenti per un “grandioso omaggio a Dio”. Dovevano essere diciannove, il numero dei secoli dalla nascita di Cristo, che furono poi portati a venti con l’inclusione di monte Capreo, località vicino a Carpineto dove era nato il Papa. Già nell’anno precedente Leone XIII aveva affidato al Comitato romano, presieduto dal cardinale Domenico Jacobini, il compito di porre, si legge nel numero del 12 agosto del 1899 della rivista “Fede e civiltà”, "…sopra diciannove monti d'Italia, dalle Alpi alle Madonie altrettanti ricordi dell'omaggio, quanti sono finora i secoli della Redenzione cristiana; in modo che venga a formarsi in tutta Italia una simbolica corona sacra al Redentore, attestante ai posteri la dedicazione a Gesù Cristo del secolo XX".
Vette visibili e accessibili
Il progetto rimonta ad alcuni anni prima: il 5 settembre 1896 era stato annunciato “il piano di voto al Cristo Redentore”, durante la seduta generale del XIV Congresso cattolico italiano che si svolse a Fiesole. Il progetto fu inserito tra le iniziative previste per il giubileo del Comitato internazionale romano per “l’omaggio solenne a Gesù Redentore”, presieduto dal conte Giovanni Acquaderni. Furono formati dei comitati locali per la costruzione dei monumenti, scegliendo i luoghi come espressione di etnie diverse e non secondo linee geografiche. Si individuarono vette molto elevate in modo che le figure del Redentore o della croce spiccassero ancora di più, che fossero ben visibili di lontano e allo stesso tempo fossero di facile accesso.
Mattoni dai monti d'Italia
Su ogni monumento fu posta l’iscrizione: Jesu Christo Deo restitutae per Ipsum Salutis / Anno MCM / Leo P.P.XIII, ovvero: “A Gesù Cristo Dio che attraverso sé stesso ci ha restituito la salvezza / Anno 1900 / Papa Leone XIII. Inoltre, a chiusura del Giubileo, ai comitati locali fu richiesto di inviare “una pietra o mattone della stessa natura da cui era formata la base di ciascun monumento, per poter essere murati come ricordo entro il muro della Porta Santa”.
Statue e croci
Furono erette statue talvolta in bronzo, più spesso in ghisa, di Cristo risorto di grandi dimensioni, segnate dallo stile del periodo, dal deciso carattere classico. Il modello era soprattutto il Redentore che si trova sul colmo della facciata di San Giovanni in Laterano. In altre località furono realizzate croci in ferro, in stile art déco, altre volte furono costruite delle cappelle.
Entusiasmo e fervore
Ogni luogo ha una storia memorabile da raccontare. Storie anche di distruzione, quando le intemperie – e talvolta il vandalismo – si sono abbattute sui monumenti spezzandoli, come a Mombarone in Piemonte, e di ricostruzione, quindi di cura, fino ai giorni nostri. Le vicende, però, sono accomunate dalla risposta entusiastica popolare: tutti, all'epoca, diedero quello che poterono. Grazie alle offerte di ciascuno, furono realizzati monumenti assai più grandi di ciò che era stato preventivato. Infatti, l’idea iniziale del Comitato romano si limitava a dei “souvenir”.
Il trasporto delle croci o delle statue, avvenne anche per nave, come nel caso della statua del Redentore sul monte Ortobene, in Sardegna, poi su carri trainati da buoi o a dorso di mulo e anche a spalle di chi si faceva moderno Cireneo. Le foto d’epoca lo dimostrano: folle di gente di ogni ceto sociale giunte fin sulle cime: prima per costruire, poi per omaggiare i monumenti dedicati a Cristo. Una religiosità che si esprime come manifestazione identitaria della propria diversità culturale, tipica delle montagne.
Un lungo elenco
Le Croci e i monumenti a Cristo Redentore che tra il 1900 e il 1902 furono effettivamente realizzati si trovano a: Saluzzo, Monviso (Cuneo); Graglia, Mombarone (Biella); Zone, monte Guglielmo (Brescia); Udine, monte Matajur; Triora, monte Saccarello (Imperia); Sestola, monte Cimone (Modena); Lizzano in Belvedere, Corno alle Scale (Bologna); Abbadia San Salvatore, monte Amiata (Siena); Fossombrone, monte Catria (Pesaro-Urbino); Capranica Prenestina, monte Guadagnolo (Roma); Formia, monte Altino (Latina); Martina Franca, monte Belvedere (Taranto); Reggio Calabria, Montalto di Aspromonte; Caltanissetta, monte San Giuliano; Nuoro, monte Ortobene; Carpineto Romano, monte Capreo (Roma). A Norcia, sul monte Vettore, la croce fu per due volte abbattuta dalle avverse condizioni metereologiche e ora ne è rimasto solo il basamento.
Benché inclusi nella lista, non furono realizzati monumenti a L’Aquila, sul Gran Sasso, a Sulmona, sulla Majella, a Viterbo, sul monte Cimino. Infine altri monumenti, esclusi dall’elenco ufficiale, vennero costruiti sui monti o in pianura per iniziativa privata.
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