Giubileo, 84 parrocchie pellegrine dal nord del Lazio: opportunità per ricominciare
Lorena Leonardi - Città del Vaticano
“Speranza è sapere che, nonostante le difficoltà, abbiamo una meta bella da raggiungere”. Lorenzo Mancini, 28 anni, ha una laurea in agraria e attualmente è borsista all’Università della Tuscia. Appartiene alla comunità parrocchiale di San Gordiano martire, a Civitavecchia, e ha preso parte al pellegrinaggio giubilare interdiocesano guidato nei giorni scorsi dal vescovo Gianrico Ruzza per i fedeli delle Chiese di Civitavecchia-Tarquinia e Porto-Santa Rufina.
Con i cuori battenti all'unisono
In oltre cinquemila, provenienti da 84 parrocchie del litorale settentrionale del Lazio, si sono dati appuntamento per attraversare la Porta Santa nella Basilica di San Paolo Fuori le Mura. “Era importante esserci, il Giubileo è un’opportunità di conversione del cuore, perché aiuta ad accettare i cambiamenti che si prospettano, ma anche una sfida per le pastorali”, sottolinea ancora Mancini, responsabile diocesano dei giovani di Azione Cattolica.
Un giovane uomo impegnato nella comunità, così come Cecilia Turbitosi, volontaria al centro missionario della Chiesa suburbicaria di Porto - Santa Rufina e collaboratrice nel circolo Laudato si’ Sacro Cuore di Ladispoli: “Vivere un pellegrinaggio giubilare è già di per sé un evento eccezionale - racconta la donna -, ma farlo con i propri fratelli di missione, e ancor di più con le due diocesi sorelle che si sono trovate unite è stata una emozione unica, forte e indimenticabile”. Impiegata quarantenne, Turbitosi riferisce la bellezza di un cammino comune, con i cuori battenti all’unisono, condotto “non solo fisicamente ma soprattutto spiritualmente” con tutte le persone “con le quali condivido la fede durante le giornate di missione e servizio nella realtà diocesana”.
Senso e luce nella vita
Il passaggio dalla Porta Santa ha rappresentato per lei “un momento di rinascita: non solo in questo anno ma da quest’anno, ognuno di noi ha il compito di riscoprire la speranza affidandosi al Signore, per trovare un nuovo senso ed essere luce della nostra vita”. Il pellegrinaggio dei fedeli di Civitavecchia-Tarquinia e Porto-Santa Rufina così non solo rimane impresso “come una nuova pagina della storia delle nostre diocesi”, ma incarna per chi vi ha aderito un’occasione “per non dimenticarci degli ultimi” e “trasmettere la gioia di uno sguardo nuovo verso l’altro”, capace di “andare oltre noi stessi”, vedendo “non con gli occhi ma con il cuore”. Da adesso, più di prima, l’impegno, spiega la volontaria, è a “coltivare perdono e misericordia, educando alla cura, costruendo la pace e vivendo nella speranza. Solo restando uniti e camminando per mano possiamo realizzare i nostri sogni, in un mondo in cui ognuno di noi si vede proiettato verso il prossimo”.
Sperare per lenire sofferenze e ferite
Ha vissuto il passaggio della Porta Santa come una “possibilità concreta” per poter “nascere e ricominciare da zero” anche Federico Acali, ventenne studente di scienze della comunicazione e membro della community di Fraternità fondata da don Alberto Ravagnani, il sacerdote youtuber con migliaia di visualizzazioni. Il giovane Acali frequenta la parrocchia dei Santi Pietro e Paolo all’Olgiata, dove canta nel coro ed è educatore di un gruppo di ragazzi: “Oggi c’è bisogno di speranza, c’è bisogno di giovani, adulti e anziani in grado di testimoniare l’amore sconfinato che Dio è in grado di regalarci. Sono sicuro che partendo da questo tante sofferenze e ferite che viviamo troverebbero pace e conforto. Ecco — conclude — cosa significa avere speranza: credere sempre che il Signore ci ama”. (lorena leonardi)
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