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2025.03.21 Un nuovo pozzo inaugurato in Tanzania

Tanzania, l'impegno della Chiesa per costruire pozzi e combattere la siccità

In occasione dell'odierna Giornata dell'Acqua, l'impresa di don Terenzio Pastore che ha realizzato, in uno dei Paesi più poveri ed assetati dell'Africa orientale, undici pozzi che hanno affrancato dalla siccità remoti e isolati villaggi. Grazie all'aiuto di centinaia di benefattori, il sacerdote appartenente ai Missionari del Preziosissimo Sangue ha dato vita ad un progetto che ha coinvolto anche scuole e comunità

Federico Piana- Città del Vaticano

Frutti copiosi, inaspettati. «Tutto merito della Provvidenza. Io non c’entro nulla, sono stato solo uno strumento nelle mani di Dio». Quando prova a tirare le somme di un progetto iniziato apparentemente solo per caso, don Terenzio Pastore si accorge di non sapere da che parte cominciare a raccontare per quanti piccoli e grandi successi è riuscito ad inanellare in pochi anni. Undici pozzi creati dal nulla in una nazione dell’Africa orientale fra le più povere del mondo, dove il 40% della popolazione non riesce ad avere accesso nemmeno all’acqua potabile, non è cosa di poco conto.

Villaggi remoti

Gli abitanti dei villaggi più remoti, che ha affrancato dalla sete e dalla cronica aridità infertile della terra, parlano di miracolo ma lui continua a ricordare come tutto sia partito da una notte insonne e tormentata dopo essere stato in visita in una lontana e dimenticata zona desertica: «È una vasta area nella quale lavorano come estrattori di sale gli abitanti del vicino villaggio di Kinangali. Un lavoro duro ed estenuante sotto il sole cocente per pochi spiccioli al giorno. Una pena infinita».

Silenzio e stupore

Era un giorno di novembre del 2021 ed il sacerdote, appartenente ai Missionari del Preziosissimo Sangue, racconta ai media vaticani che non si volle assolutamente fermare lì ma preferì proseguire fino a quell’agglomerato sperduto di case senza né acqua né elettricità: «Nel viaggio di ritorno verso l’ospedale di San Gaspare di Itigi, retto dalla nostra congregazione e che dista due ore di auto, nessuno delle persone che era con me e che aveva preso parte a quella visita proferiva parola. C’era silenzio e sconcerto per ciò che avevamo visto».

Un progetto da scoprire

La notte seguente, don Terenzio, la trascorse meditando, pregando e piangendo: «Mi chiesi: perché Dio ha voluto che passassi di là? Quale progetto ha in serbo per me? ». Alla fine, decise di inserire il racconto di questa sua avventura in un capitolo di un libro che stava scrivendo e, tornato in Italia, condividere le sue esperienze fatte in Tanzania con comunità e scuole raccogliendo offerte per la realizzazione di quella che gli sembrò un’opera utile, necessaria ed urgente: un pozzo. «Grazie a Dio, la somma necessaria l’abbiamo raggiunta in poco tempo e ad agosto dello stesso anno siamo riusciti ad inaugurarlo nel piccolo villaggio di Mkiwa».

Ascolta l'intervista a don Terenzio Pastore

Riconoscimento e stima

Ai media vaticanii, che già avevano narrato la sua storia fin dagli albori seguendo ogni passo del progetto denominato “Acqua nel deserto”, il sacerdote rievoca quando i responsabili di quella comunità lo insignirono dei vessilli di capo villaggio come segno tangibile di ringraziamento e stima: «Ci fu una cerimonia che durò quasi un’ora durante la quale la tribù mi consegno la lancia, il mantello, il bastone, la capra, le galline e le uova simboli non solo del comando ma anche emblemi che indicano come un capo debba prendersi cura della propria gente. Io non so quante lacrime abbia versato, emozionato, commosso, stupito».

Impegno senza sosta

Da allora, don Terenzio non si è più fermato. Ora di pozzi ne ha aperti 11: un passa parola incredibile lo ha aiutato a far conoscere le sue vicende che hanno generato due libri con il cui ricavato della vendita ha sostenuto quelle opere che neanche il governo nazionale finora è riuscito a fare. «Questi miei testi sono andato a promuoverli anche in numerose scuole che hanno adottato il mio progetto sovvenzionandolo con diverse modalità. Una volta raccolti i soldi, mi sono coordinato col superiore della mia congregazione in Tanzania che mi indicava, di volta in volta, dove era necessario portare l’acqua».

Contesti dificili

Alcuni di questi pozzi sono stati costruiti in contesti sociali critici come il Villaggio della speranza che da oltre vent’anni ospita bambini orfani malati di Aids o in zone estremamente povere che i vescovi locali hanno affidato alla cura pastorale dei Missionari del Preziosissimo Sangue. Ad esempio, una è al confine con il Rwanda, dove si trovano ancora molti profughi del genocidio del 1994, mentre un’altra è alle pendici del monte Kilimangiaro dove gli abitanti del povero villaggio hanno ballato e cantato tutta una notte per inaugurare quel pozzo che gli ha letteralmente cambiato la vita. «L’acqua, per questa gente, è una svolta epocale. Non solo permette loro di bere regolarmente ma anche di coltivare la propria terra e dissetare i propri animali. Una cosa che a noi sembra scontata ma che per loro assolutamente non lo è».

Senza confini

Don Terenzio, ora che è parroco a Bari dopo essere stato direttore provinciale della congregazione, non ha certo intenzione di tirare i remi in barca: «Posso annunciare con orgoglio che, proprio in questi giorni, ho inviato un bonifico per la realizzazione di un pozzo in Guinea — Bissau. E continuerò a promuovere il mio progetto in giro per l’Italia andando a parlare a chi mi inviterà». Anche questi sono segni tangibili che l’amore non conosce confini
 

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22 marzo 2025, 14:00
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