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Gli effetti del terremoto a Mandalay Gli effetti del terremoto a Mandalay

Myanmar, il cardinale Bo: urgente il cessate il fuoco per portare aiuto alla gente

L'arcivescovo di Yangon e presidente dei vescovi del Paese era in auto al momento della drammatica scossa di terremoto:"Abbiamo visto enormi crateri aprirsi sulla strada. la gente fuggiva in cerca di salvezza. È stato un momento di paura per tutti". L'appello perché arrivino presto aiuti umanitari alle persone e per una tregua delle ostilità in corso. La vicinanza del Papa, "un balsamo di consolazione per le persone"

Deborah Castellano Lubov - Città del Vaticano

“È stato sconvolgente vedere la natura aggravare le sofferenze di persone che vivono in zone già provate da quattro anni segnati da violenza, dal crollo dell’economia e dallo sfollamento forzato”. Il cardinale Charles Maung Bo, arcivescovo di Yangon e presidente della Conferenza episcopale del Myanmar, esprime ai media vaticani tutto il dolore per il disastroso terremoto di magnitudo 7,7 che ha colpito la regione di Mandalay, causando finora più di mille vittime in Myanmar e oltre 2.300 feriti, con la triste certezza che non appena verranno rimosse le macerie dei palazzi distrutti il numero dei morti salirà di molto. Sono centinaia i dispersi, tremila gli edifici sbriciolati, decine di strade e ponti gravemente danneggiati. Un sisma che ora, racconta il cardinale, viene chiamato “il grande terremoto del secolo”. 

Ascolta l'intervista in lingua originale con il cardinale Bo

L’appello al sostegno umanitario

Al momento della scossa di terremoto il porporato stava attraversando in automobile proprio i luoghi maggiormente colpiti da morti e distruzioni. “Mentre lottavamo in mezzo al traffico bloccato, abbiamo visto enormi crateri aprirsi sulla strada. La nostra auto si muoveva in modo incontrollato, così come tutti gli altri veicoli. È stato un momento di paura per tutti noi”. Il cardinale Bo descrive le “drammatiche scene di uomini e donne che correvano per le strade, in cerca di sicurezza”, spiegando poi di aver già fatto appello “a tutte le parti interessate per un urgente sostegno umanitario, per un accesso senza ostacoli alle popolazioni colpite e per il cessate il fuoco da parte di tutti i gruppi in ostilità”. La preoccupazione soprattutto riguarda la distribuzione degli aiuti che, a causa della violenza, “potrebbero essere ostacolati dai disordini dei gruppi armati”, con riferimento “alle parti di entrambi gli schieramenti”.

L’intervento della Chiesa

Riconciliazione, dialogo e pace restano “l'unica soluzione”, sebbene ad ora il migliore canale per portare assistenza ai bisognosi siano i gruppi religiosi e la Chiesa cattolica. Il cardinale informa quindi di aver attivato “un piano per rispondere all’emergenza” denominato MERCI (Myanmar Earthquake Response Church Initiative – Iniziativa della Chiesa in risposta ala terremoto in Myanmar) e di aver convocato un incontro tra gli esponenti della Chiesa e il personale Caritas di tutte le aree colpite. La Caritas nazionale e gli uffici diocesani si sono attivati per intervenire nella diocesi di Mandalay che è la più colpita e poter rispondere in modo rapido ai bisogni, in collaborazione con le autorità locali, con i leader religiosi e con le organizzazioni umanitarie. Nelle zone colpite le comunicazioni non funzionano, si è senza Internet e con pochissima elettricità. “Le persone hanno bisogno di tutto, di cibo, di un riparo, di medicine e di tutto il materiale salvavita”, continua Bo, con le organizzazioni non governative che lanciano l’allarme circa l’emergenza sanitaria, con ospedali già in partenza poco attrezzati, con strumentazioni inadeguati e che ora sono al collasso.

Le parole del Papa, “balsamo di consolazione”

“Più di ogni altra cosa, la nostra gente ha bisogno di pace, non dell'angoscia che si scatena a causa di tutto quello che sta subendo”. Per il popolo “il balsamo di consolazione”, sono state le parole del Papa che, “nonostante la sua recente malattia”, ha espresso la sua vicinanza con un telegramma, così come “durante gli ultimi difficili quattro anni”, ha sempre mostrato con i suoi appelli che hanno “costantemente consolato le persone”.

Lacrime che uniscono

Sono le lacrime, in questo momento, a unire una popolazione devastata dalle sofferenze, prosegue il cardinale Bo, perché quando “la natura attacca, gli esseri umani dimenticano tutte le loro differenze, e se si riesce a sopravvivere come specie è perché ci si riesce a commuovere per le lacrime degli altri che, in qualsiasi luogo, che sia in Thailandia o in Myanmar, sono comunione”. L’arcivescovo di Yangon quindi assicura la vicinanza della Chiesa al Paese: “Noi sentiamo il loro dolore, saremo al fianco di tutti in questo momento di dolore per aiutare a guarire le ferite. Lo abbiamo dimostrato dopo lo tsunami, lo abbiamo dimostrato dopo il ciclone Nargis, supereremo anche questa crisi, perché la compassione è la religione comune nei momenti di disastro naturale”.

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29 marzo 2025, 14:32
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