Il Papa vicino a Sud Sudan e Congo: missionari e medici, urge pace
di Giada Aquilino
“Un dramma silenzioso”. Così Papa Francesco nella prefazione al libro “Sud Sudan. Il lungo e sofferto cammino verso pace, giustizia e dignità” del missionario comboniano padre Daniele Moschetti che da anni opera nel Paese africano. Un pensiero costante quello del Pontefice per l’Africa tanto da dedicare il prossimo 23 novembre, alle 17.30 presso l'Altare della Cattedra nella Basilica Vaticana, una celebrazione di preghiera per la pace in Sud Sudan e nella Repubblica Democratica del Congo. A presiederla lo stesso Francesco, le cui preghiere si sono levate pure per l’ex Zaire, soprattutto per le vittime nella regione del Kasai Centrale, teatro di scontri “brutali”. “Proprio attraverso la preghiera ascoltiamo il grido di sofferenza di questi Paesi e di questa gente, facendoli nostri”, spiega suor Ida Colombo, missionaria comboniana che è tra le organizzatrici dell’evento di preghiera della prossima settimana, intervistata da Federico Piana.
Dopo l’indipendenza da Khartoum nel 2011, dal dicembre 2013 in Sud Sudan si sono susseguiti sanguinosi scontri tra le truppe governative del presidente Salva Kiir e i ribelli di Riek Machar, con conseguenze disastrose per la popolazione civile. I medici non fanno altro che “ricucire ferite da guerra”, spiega suor Ida. Sono decine di migliaia i morti e milioni gli sfollati: secondo dati Onu, circa 4 milioni di persone sono state costrette a lasciare le loro case e al momento metà dei 12 milioni di abitanti dipende dall’aiuto alimentare internazionale. La missionaria comboniana ricorda sia per il Sud Sudan sia per la Repubblica Democratica del Congo l’instancabile impegno della Chiesa, con sacerdoti, suore, missionari, che anche con la vita “stanno pagando il prezzo per portare avanti la giustizia in questi Paesi”.
Ad oltre un anno “dallo scoppio del conflitto” congolese nella provincia del Kasai, nell’agosto 2016, Medici Senza Frontiere lancia un appellosoprattutto per l’“assistenza umanitaria nelle zone rurali”. Negli ultimi mesi, a causa delle violenze, “più di un milione e mezzo di persone sono state sfollate: di queste, 700 mila stanno cercando di tornare verso i villaggi originari, ma il resto rimane sfollato”, spiega Federica Nogarotto, direttore del supporto alle operazioni per Medici Senza Frontiere Italia. Le tensioni nell’ex Zaire sono storicamente legate al controllo delle ricchezze del sottosuolo e del territorio più in generale: “negli ultimi 12 mesi - denuncia Nogarotto - ci sono stati più di 5 mila morti”. Le équipe di Msf stanno riscontrando una malnutrizione diffusa, in particolare tra i bambini: per i più piccoli, spiega, si può parlare di “oltre il 10% di malnutrizione acuta severa”. Il problema è che “i centri sanitari che dovrebbero assistere questi bambini non esistono più”: mancano lo staff medico, i medicinali, le strutture. Un’azione capillare appare dunque ancora più urgente, perché finora la risposta è stata “troppo lenta” e “anche insignificante” rispetto alla portata di questa crisi, conclude la responsabile di Msf.
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