Siria: suora di Damasco, aumenta il cancro per tanti bambini
Giada Aquilino - Città del Vaticano
In Siria è come se ci fosse una “invasione” di malattie legate al cancro, “forse causata dalle tante armi usate” e perché “l’aria ormai è inquinata”. A denunciarlo è suor Yola Girgis, francescana missionaria del Cuore immacolato di Maria, che presta la propria opera al memoriale di San Paolo a Damasco. Le chiediamo quale sia la situazione dei bambini della città, anche dopo l’allarme lanciato dall’Unicef riguardo al Ghouta orientale, cioè la periferia di Damasco.
L'appello Unicef
Secondo l’agenzia dell’Onu, infatti, 137 bambini hanno un disperato bisogno di essere evacuati dalle aree assediate per ragioni mediche, dall’insufficienza renale alla malnutrizione grave. La suora francescana riferisce che è una zona in cui, per lei e le consorelle, è impossibile accedere: si sa che è “occupata dai terroristi” e la situazione “è molto grave”. Suor Yola parla allora dei “suoi” quartieri: una zona “molto popolare”, ma anche “molto povera” della capitale siriana. “Nel nostro convento-memoriale - spiega - prima accoglievamo i pellegrini italiani, poi una trentina di famiglie profughe, adesso i malati di cancro: donne, uomini, bambini che vengono a Damasco per le cure di chemioterapia”.
I traumi della guerra nei più piccoli
Ma la realtà non è soltanto questa, purtroppo. “I bambini - spiega - vivono una realtà più di trauma, di guerra, delle bombe, di mancanza di sicurezza”. E, aggiunge, “mancanza di medicine” che “per l’embargo non arrivano”. Poi mancano posti “per giocare e far divertire i bambini”: e così “all’interno della nostra chiesa cerchiamo di accogliere questi piccoli. Portiamo avanti anche un progetto di sostegno psicosociale, con 100 bambini di età tra i 9 e i 13 anni, musulmani e cristiani”. L’opera di madre Yola e delle altre sorelle prosegue con i “bambini che sono rifugiati e hanno perso case, genitori, che vivono una situazione economica molto povera”: “abbiamo bambini - dice - colpiti da missili, che hanno perso chi un piede chi una mano. Li aiutiamo psicologicamente e socialmente con un sostegno”. E poi gli aiuti alle famiglie “anche economicamente, almeno per il necessario”. Non ci sono distinzioni, né di provenienza, né di religione: “i bambini sono tutti uguali, sono siriani, prima di essere musulmani o cristiani” e soprattutto sono “innocenti”.
L'arrivo del Natale
In questo clima, “con molta semplicità e senso di speranza”, ci si prepara al Natale. “Abbiamo comprato per tutti quasi 500 pigiami invernali e li distribuiremo per quell’occasione: abbiamo pensato non più giocattoli, che si rompono subito, ma cose utili per loro”. Tutti aspettano “che Gesù verrà”, per avere “ gioia”, “perché il Natale è un segno di rinascita, umanamente ma anche per il Paese”: “tutti - conclude - abbiamo speranza che finirà presto questa ‘nuvola nera’” che ha oscurato la Siria.
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