Dopo il terremoto del 2010, Haiti resta lontana dalla normalità
A otto anni dal terremoto che ha distrutto Haiti, sono stati finanziati complessivamente 212 progetti di solidarietà, per un importo di oltre 24 milioni di euro. Bianca Fraccalvieri ha intervistato Alessandro Cadorin, responsabile di Caritas Italiana ad Haiti, sulla situazione attuale nel Paese.
Nonostante un grandissimo impegno della comunità internazionale e degli haitiani stessi, grandi progressi non se ne sono registrati. In generale, possiamo dire che un po’ di maggiore stabilità politica si può registrare con il nuovo presidente, Jovenel Moïse, eletto a febbraio dell’anno scorso. Per quanto sia una figura controversa, quantomeno garantisce un minimo di stabilità. Nonostante questo, da mesi ci sono proteste nelle piazze, lungo le strade principali della capitale Port-au-Prince, soprattutto legate alla nuova finanziaria che va ad aumentare di molto le imposte dirette. A livello sociale, la situazione non si può dire cambiata: magari alcuni indicatori sono leggermente migliorati, il livello di alfabetizzazione è leggermente migliorato, ad esempio, nonostante l’educazione sia soprattutto basata su scuole private. Quello che si può registrare è un altissimo livello di disuguaglianza sociale tra chi ha molto - e sono molto pochi - e la stragrande maggioranza della popolazione che vive in condizioni inaccettabili e a volte di povertà estrema.
La Caritas è presente ad Haiti dal 2010, subito dopo il terremoto. Oggi in cosa consiste il vostro impegno?
In generale, possiamo dire che il ruolo di Caritas italiana è quello di supportare e accompagnare i nostri partner locali, primi fra tutti Caritas Haiti, con la quale abbiamo iniziato già da un anno e mezzo un progetto di riorganizzazione del network, della rete, delle Caritas parrocchiali a livello nazionale. Oltre a questo abbiamo anche altre collaborazioni, soprattutto con congregazioni religiose, una fra tutte quella dei “Petits Frères Sainte Thérèse”, una congregazione haitiana nata negli anni ‘70 che ha una missione ben precisa: nelle zone rurali, soprattutto le più remote, aiutare i contadini a migliorare le loro condizioni di vita. Con loro abbiamo progetti di sicurezza alimentare attraverso la distribuzione di sementi, di animali da allevamento, ma anche la costruzione di pozzi, oltre a progetti generatori di reddito, come piccoli centri dove si produce il pane di manioca. Il principio è quello dell’economia circolare sempre a diretto contatto e supporto delle comunità.
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