India: 70 anni fa la morte di Gandhi, padre della non violenza
Michele Raviart – Città del Vaticano
Settanta anni fa a Nuova Delhi veniva assassinato il Mahatma Gandhi, figura cardine dell’indipendentismo indiano e fautore della non violenza e della resistenza civile. In attesa delle grandi celebrazioni che si svolgeranno il prossimo anno in India e in tutto il mondo per i 150 anni della sua nascita, mons. Felix Machado, vescovo di Vasai, diocesi suffraganea di Mumbai ricorda l’importanza della sua figura nell’India contemporanea:
Mahatma Gandhi per l’India è ufficialmente il Padre della nazione. Ciò che Gandhi ha fatto per l’India è stato mettere davvero le basi per la costruzione di una civiltà fondata sull’amore, il dialogo e i valori morali. 70 anni corrispondono quasi alla mia età: io sono nato subito dopo la morte di Mahatma Gandhi, e ancora oggi mi spinge la fiamma che egli ha dato a tutto il Paese. La Costituzione indiana, fino ad arrivare ai fondamenti stessi della democrazia della nazione, è fortemente radicata in tutto ciò che Gandhi ha detto e fatto, agendo anche come guida per gli altri. Quindi, l’anniversario dei 70 anni dalla sua scomparsa è per noi veramente una giornata che non possiamo dimenticare, ma che al contrario dobbiamo celebrare. Nessuno nutre dubbi né osa cambiare ciò in cui gli indiani credono: Gandhi è veramente il padre della nostra nazione.
Oltre le leggi e la Costituzione – la volontà di uno Stato indipendente – che cosa rimane del pensiero di Gandhi nell’India di oggi?
Quando la gente parla di una politica pura, autentica, di valori, fatta del costruire, noi ci ispiriamo sempre al pensiero di Gandhi, perché egli stesso era un uomo credente. L’India è un Paese fatto di persone che credono in Dio. Ci sono varie religioni e anche tradizioni diverse rispetto all’induismo e Gandhi si è presentato come un uomo di religione. Egli era indù, ma era aperto anche alle altre religioni, soprattutto – direi – a quella cristiana. Ogni giorno faceva una preghiera, anche con persone di altre confessioni religiose. Proponeva le parole di Gesù – quelle relative al sermone sulla montagna – riportate nel Vangelo di Matteo, come una fonte di principi morali, soprattutto per coloro che si occupavano di politica. Alcuni allora gli chiesero perché lo facesse, dal momento che era di religione indù; Gandhi rispose: “Noi tutti ci ispiriamo al Dio nostro. E Dio è unico e ci ha dato un aiuto in tutte le religioni”. Per esempio, oggi c’è il problema del secolarismo: in India, dal momento che sono presenti tutte le maggiori religioni, noi sappiamo molto bene che la laicità come emarginazione di Dio e della religione – non è vera laicità: è una laicità falsa. Questo rispecchia il pensiero di Gandhi, e su questi principi si basa anche la nostra Costituzione. Quindi per noi, anche oggi, Gandhi resta una fonte di ispirazione.
Fuori dall’India, uno dei principi più riconosciuti attribuiti a Gandhi è quello della non violenza: che insegnamento può darci questo in un mondo in cui il conflitto è ancora – purtroppo – presente in tutte le parti del mondo?
Gandhi, alla vigilia della Seconda Guerra Mondiale, fece un viaggio in tutta Europa al fine di convincere i leader politici di allora a non prendere la strada delle armi e della violenza. Questa, secondo lui, avrebbe portato il mondo alla distruzione. Oggi il nostro Santo Padre ha preso la grande iniziativa di spingere per l’abolizione delle armi nucleari: credo che sia questa la via da percorrere. E Gandhi ha creduto molto in tutto questo. Ciò che egli ha detto in maniera profetica tanti anni fa, oggi vediamo che è reale: i conflitti nel mondo continueranno fino a quando noi non faremo qualcosa, come famiglia umana. Dobbiamo quindi fare questo qualcosa, predicare il messaggio di pace. Gandhi resta quindi per il mondo intero ancora oggi un profeta.
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