Lotta alla mafia, nel 2018 riflettori su colletti bianchi e massoneria
Federico Piana - Città del Vaticano
“Il 2017 sul fronte della lotta alla criminalità organizzata si chiude con un bilancio positivo: dalla riforma del codice antimafia alla legge sui testimoni di giustizia”. Così Rosy Bindi, presidente della commissione parlamentare antimafia che non nasconde la propria soddisfazione per due provvedimenti portati a casa con abnegazione ed impegno “utili anche a motivare le giovani generazioni a contrastare la cultura mafiosa” che rischia di tornare più rinvigorita che mai. Ma sa che non basta. Appena scalfito da inchieste giudiziarie e parlamentari, rimane sullo sfondo l’eterno connubio tra clan e colletti bianchi: il rapporto ancestrale tra boss, politica, economia e pubblica amministrazione.
I risultati ottenuti
“Su questo punto, nella legislatura che si è appena conclusa, qualche risultato lo abbiamo ottenuto- spiega la Bindi-. C’è più consapevolezza che questo, oggi, è il livello da aggredire. Le mafie sono sempre più in grado di intrattenere rapporti con i poteri ad ogni livello e le si combattono solo se si instaura una consapevolezza in tutte le classi dirigenti del Paese, in ogni cittadino. Un imprenditore non può andare a cercare in maniera complice e con metodo corruttivo il denaro della mafie. Noi abbiamo affrontato anche il tema delle professioni. Esiste troppa arrendevolezza da parte degli ordini professionali: non si può aspettare una sentenza passata in giudicato per prendere misure serie nei confronti di un iscritto ad un ordine che collabora con le mafie”.
Le banche
Altro capitolo spinoso. Secondo la Bindi ci sono “ancora troppo poche segnalazioni. Il riciclaggio diventa lo strumento attraverso il quale il denaro acquisito in maniera illegale assume i caratteri della legalità. Ora, sul piano legislativo abbiamo fatto passi da gigante su questo versante ma non è sufficiente: ci vuole maggiore consapevolezza da parte di tutti”.
La massoneria
Su questo, la Bindi è chiara: “Le tracce che noi abbiamo trovato all’interno di logge regolari sono indiscutibili: parlano di mafiosi iscritti alla massoneria. Le logge con la loro segretezza facilitano gli incontri della classe dirigente e diventano luogo privilegiato anche per i boss. Sono due segretezze che si incontrano. Vorremmo che realtà associative, che all’interno hanno le classi dirigenti del Paese, fossero più chiare e trasparenti. La segretezza in democrazia non si può sopportare: non può opporsi all’ordinamento generale e alla Costituzione”
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