Usa apre al dialogo con la Corea del Nord ma con condizioni
Cecilia Seppia – Città del Vaticano
Il dialogo tra le due Coree in vista delle prossime Olimpiadi invernali di Pyeongchang sembra foriero di altre buone notizie. Il presidente americano Trump ha infatti aperto alla concreta possibilità di colloqui con il Nord. Colloqui diretti, senza intermediari, ma solo al momento giusto e con le giuste condizioni, ha affermato il Capo della Casa Bianca, in una telefonata di ieri sera con l’omologo sudcoreano Moon, con il quale ha concordato però di proseguire la campagna di massima pressione sul regime di Kim Jong Un e dunque di andare avanti anche con le sanzioni economiche e non, sui suoi funzionari.
Denuclearizzare la penisola
Serve la garanzia di risultati visibili ha aggiunto Moon, ribadendo anche di non avere nessun interesse a fare un summit “tanto per farlo” ma di avere piuttosto urgenza di de-nuclearizzare e de-militarizzare tutta la Penisola coreana. Plaude la comunità internazionale, anche Mosca esprime il suo favore al parziale disgelo tra Nord e Sud. Ma soprattutto c’è il Consiglio di Sicurezza Onu che dice: “bene la riapertura del dialogo, importante ridurre le tensioni”.
Cambio di strategia
“La strategia dell’amministrazione Trump è duplice allo stato attuale”, sostiene Davide Borsani, ricercatore in Relazioni Internazionali alla Cattolica di Milano. “Da un lato – prosegue - abbiamo il presidente che, con tutte le sue dichiarazioni e i suoi tweet, tende ad avere un approccio molto più muscolare alla questione. Ed è un approccio che all’interno dell’amministrazione trova sostegno nel consigliere alla Sicurezza nazionale, McMaster. Dall’altro lato, abbiamo la linea del dipartimento di Stato e del segretario di Stato, Rex Tillerson, che invece tenta di lavorare sotto traccia, per aprire canali di comunicazione diretti tra gli Stati Uniti e la Corea del Nord, che è un po’ una strategia che aveva già seguito l’amministrazione Obama con l’Iran di Ahmadinejad.
Quindi, si può dire che Trump sta facendo un po’ il gioco delle parti in quanto presidente. Da un lato, tenta di alzare la pressione, anche a livello retorico, bollando il regime di Kim Jong-un come un “regime canaglia” - un nemico da combattere, una minaccia esistenziale per gli Stati Uniti -; dall’altro però, deve fare anche i conti con la strategia del dipartimento di Stato che è appunto quella di creare un dialogo, una consultazione, una sorta di “hot line” con Pyongyang, cercando un po’ di distendere i toni, e venendo a un compromesso che però al momento pare quantomeno lontano.
Politica internazionale
La politica internazionale della Casa Bianca sembrerebbe dunque virare verso nuove aperture. Gli Usa ad esempio potrebbero rientrare nell’accordo di Parigi sul clima, come ha detto ieri il presidente Trump nella conferenza stampa congiunta con la premier norvegese Erna Solberg. “L’accordo di Parigi – sostiene ancora Borsani - se leggiamo bene il testo, afferma che gli Stati Uniti non possono uscire dall’intesa prima delle prossime elezioni presidenziali: siamo nel novembre 2020. E quindi questo ci deve far supporre che l’accordo di Parigi sarà un tema di campagna elettorale, ma non una decisione da prende ora”.
“E anche qui si ravvisa una sorta di continuità con l’Amministrazione Obama. Altro punto di contatto per esempio lo troviamo nei rapporti con la Russia. Ma abbiamo anche alcune discontinuità: quella maggiore probabilmente la troviamo in Medio Oriente, con il tentativo di Trump di sganciarsi dal riavvicinamento tra Stati Uniti e Iran in favore di un riavvicinamento, verso alleati tradizionali come possono essere sicuramente Israele, e soprattutto l’Arabia Saudita”.
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