Bolivia: vescovi chiedono il ritiro della legge di riforma del Codice penale
Paolo Ondarza-Città del Vaticano
Si fa sempre più accesa la polemica in Bolivia per la riforma del Codice penale approvata in via definitiva al Senato nello scorso mese di dicembre. Tra gli aspetti più controversi all’origine di numerose proteste e mobilitazioni c’è l'art. 88, in cui si legge: "Chiunque recluti, trasferisca, privi della libertà o ospiti persone con l’intento di reclutarle a prendere parte a conflitti armati o a organizzazioni religiose o di culto sarà condannato a 5-12 anni di prigione". Molti, scrive il quotidiano online In Terris, temono che sia a rischio l’evangelizzazione in un paese come la Bolivia in cui il 77% della popolazione è cattolica e il 16% protestante.
Presa di posizione della Chiesa Cattolica
A prendere posizione nei giorni scorsi è stata, tra gli altri, anche la Conferenza episcopale boliviana che in una nota sottolinea: “non contribuisce alla pace sociale il fatto che il sistema giuridico del Paese si vada costruendo senza tenere conto della volontà popolare, con leggi approvate prescindendo dall’indispensabile dibattito nella società”. I presuli chiedono il ritiro della legge ricordando che essa “suscita la maggiore e comprensibile contrarietà, da parte di tutta la società boliviana per diversi aspetti”. Dalla Chiesa cattolica arrivano nuove critiche anche all’art. 157, che depenalizza l'aborto: il Codice secondo i vescovi sembra andare più nella direzione dell’interesse del potere, che del popolo. “Esso va contro i diritti umani e di cittadinanza fondamentali”, crea insicurezza giuridica e costituisce “un significativo passo indietro dei valori democratici conquistati dalla società boliviana”. Dai vescovi l’appello ai politici a "lavorare su un nuovo Codice penale che rifletta la realtà sociale della Bolivia".
Le proteste degli evangelici
A deplorare una scarsa partecipazione del popolo nella scrittura della riforma del Codice penale sono intervenuti anche i leader evangelici paventando il rischio di una stretta sulla libertà di evangelizzazione e predicazione del Vangelo. Nei giorni scorsi manifestazioni di protesta nella capitale La Paz hanno avuto per protagonisti esponenti della comunità evangelica, i quali hanno assicurato di voler tenere “alto il livello di allerta”. Secondo la National Association of Evangelicals in Bolivia (Andeb), "è deplorevole che la Bolivia diventi il primo Paese latinoamericano a perseguitare i diritti della libertà di coscienza e di religione, che sono protetti dalla Dichiarazione universale dei diritti umani, dalla dichiarazione di San José de Costa Rica e dalla nostra Costituzione", ha commentato in una nota.
Morales annuncia il congelamento della riforma
Intanto in seguito alle proteste il presidente Evo Morales ha deciso di congelare la riforma per un anno, durante il quale verranno "messi sul tavolo" i contenuti del testo con le varie organizzazioni di rappresentanza popolare. In un tweet il Capo di Stato ha espresso l’intenzione di chiedere l’abrogazione del Codice Penale, pur accusando la “destra” di disinformazione e destabilizzazione”. La proposta di Morale, riferisce l’agenzia Sir, arriva oggi in Parlamento. Nonostante questo spiraglio di dialogo il Conade, comitato che riunisce le realtà che si oppongono al nuovo Codice, ha annunciato l’intenzione di proseguire le proteste fin quando l’abrogazione del testo non sarà votata dal Parlamento.
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