Camerun: missionario, rischio attacchi Boko Haram in feste pasquali
Giada Aquilino - Città del Vaticano
Accanto alla gioia, anche la tensione. Questa la Pasqua che l’Estremo Nord del Camerun si accinge a celebrare perché permane “la paura che Boko Haram approfitti di queste feste per poter lanciare qualche azione eclatante”, seminando attacchi e saccheggi nella zona al confine con Nigeria e Ciad: lo racconta fratel Fabio Mussi, missionario laico del Pime, coordinatore della Caritas della diocesi di Yagoua.
L’emergenza Boko Haram
Da 4 anni anche in Camerun si protrae la grave crisi umanitaria innescata dalle azioni terroristiche degli estremisti islamici nigeriani Boko Haram. “Al momento - spiega il missionario italiano - ci sono più di 90 mila sfollati nella regione verso il Lago Ciad. Nel campo profughi creato nell’Estremo Nord del Camerun vivono più di 62 mila persone che hanno bisogno di tutto. È un campo gestito dalle Nazioni Unite e da ong internazionali: proprio ieri i rappresentati di quelle realtà mi hanno parlato - prosegue - di un altro campo, quello allestito con circa 5 mila persone nell’area di Kolofata, a 80 km più a nord di Maroua, nella zona ‘calda’ dove ci sono stati più attacchi kamikaze. Lì c’è bisogno di mettere installazioni per l’acqua e per l’igiene”.
La situazione scolastica
Nell’insicurezza, ben 170 scuole nelle località di confine con la Nigeria sono state chiuse nel 2015 e solo 37 sono state riaperte a settembre scorso: oltre 45.000 bambini non vanno dunque più a scuola o devono frequentare istituti che si trovano fuori le comunità di origine. In questo quadro è dunque cresciuta la richiesta di istruzione nelle scuole cattoliche, “che non hanno mai cessato di funzionare”, precisa fratel Mussi: tutti “gli spazi disponibili sono stati utilizzati” e per questo la Caritas diocesana di Yagoua ha lanciato un appello “per raccogliere le risorse e costruire nuove aule”. “Purtroppo - constata il coordinatore Caritas - in questa situazione di emergenza l’istruzione non è una priorità, perché prima vengono l’alimentazione, la sanità, l’acqua. Riteniamo che, se vogliamo che la guerra finisca, sia necessario continuare a puntare sull’istruzione, altrimenti avremo sempre più persone che per ragioni culturali o di ignoranza seguiranno i progetti violenti” degli estremisti.
L’insufficienza alimentare
A ciò si aggiunge il rischio di una “grave insufficienza alimentare” che si profila tra giugno e ottobre prossimi, momento di “saldatura” tra i due periodi di produzione agricola. “C’è stata - spiega- una pluviometria inferiore a quelle precedenti e quindi le produzioni in generale sono diminuite”: a ciò si aggiungono le esportazioni del cereale “alla base dell’alimentazione locale, il miglio o sorgo”, verso altre regioni o l’utilizzo di tale prodotto “per fini non alimentari”: quindi sul mercato locale “a disposizione delle famiglie c’è meno del 50% della produzione” abituale. Per questo “il nostro vescovo, mons. Barthélemy Yaouda Hourgo ha lanciato l’allarme nel messaggio di Quaresima, chiedendo a tutti i cristiani di essere parsimoniosi nell’utilizzo delle risorse e sollecitando tutte le organizzazioni - e in particolare noi come Caritas - di essere pronte nel caso ci fosse un picco di bisogno” tra la popolazione.
Pasqua di riconciliazione
La Pasqua, in un contesto di emergenza, appare ancor più un momento per cogliere la “proposta di riconciliazione”, in un’ottica anche interreligiosa: “anche i musulmani - conclude il missionario - riconoscono che, in tutta questa situazione, il cristianesimo ha cercato di portare un messaggio di vera pace”.
(Foto Francesca Bellotta)
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