Il tutor Moccia: scrivere è processo di analisi per migliorarsi
Roberta Barbi – Città del Vaticano
Anche i grandi possono non essere immediatamente compresi: lo sa bene Federico Moccia – riconfermatosi tutor dei detenuti che hanno preso parte al Premio Goliarda Sapienza 2018 – il cui esordio letterario non è stato dei più semplici. Il suo capolavoro “Tre metri sopra il cielo”, infatti, rimbalzò di editore in editore prima di essere pubblicato autonomamente e ottenere il ben noto successo nel 2004. “È proprio alla luce di questa mia esperienza che agli aspiranti scrittori consiglio di scrivere secondo passione e liberi da condizionamenti – racconta – senza pensare cosa piaccia o non piaccia ai lettori, se una cosa sia giusta o sbagliata. Una storia per funzionare deve essere tua: io la chiamo libertà della pagina bianca”.
Con l’e-writing in più carceri contemporaneamente
Moccia ha all’attivo libri molto amati dal pubblico, venduti in 15 Paesi e tradotti in altrettante lingue ma da diversi anni riesce a prendere parte al Premio: “Chi ha successo deve fare qualcosa per gli altri – spiega – per me è un’ottima occasione per essere utile a qualcuno ma anche per imparare. Quest’anno, poi, nonostante l’iniziale scetticismo, sono molto soddisfatto dell’esperimento dell’e-writing, attraverso il quale sono potuto entrare in contatto con più realtà carcerarie”.
Anche in carcere l’amore è esperienza che migliora la vita
Un’esperienza che non si farà mai mancare quella del tutor, dunque, l’autore, che è cantore per eccellenza dei giovani e dell’amore: “In carcere, soprattutto con i giovani, ho trovato la parte più pulita dell’amore, la carezza, non la violenza – afferma – spesso vissuta come ancora di salvezza che fa migliorare tutte le cose”. Negli anni scorsi, Moccia è stato tutor della sezione giovani del Premio: “I ragazzi sono più teneri, hanno commesso degli errori perché vivono in un mondo sbagliato del quale non si rendono pienamente conto – precisa – invece, quest’anno, negli adulti ho trovato una consapevolezza più matura e dolorosa della vita e con loro ho avuto un rapporto più paritario”.
Lettura è fuori moda: non tiene il passo con i telefonini
La scrittura, è convinto il tutor, porta sempre all’analisi di sé, un’analisi spesso dolorosa ma anche di crescita per chi è recluso: “Leggo sempre un certo rammarico nei racconti dei detenuti, spero serva da spunto per fare, poi, le scelte giuste, una volta fuori”. Nella sua lezione di quest’anno Moccia si è concentrato sulla stretta connessione che c’è tra la passione per la scrittura e quella per la lettura, un’attività oggi un po’ fuori moda: “Purtroppo non riesce a stare al passo con l’offerta multimediale che offrono oggi i telefonini – conclude – il fascino e l’emozione che provavo io da ragazzo con i miei amici trovati nei libri probabilmente non esiste più”.
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