Parente di una delle vittime dell'attentato a Quetta Parente di una delle vittime dell'attentato a Quetta 

Attentato a chiesa in Pakistan, Bhatti: serve aiuto internazionale

Intervista al medico pachistano Paul Bhatti, che spiega come quella di Quetta sia una zona molto instabile. E la comunità cristiana, aggiunge, continua ad essere la realtà più povera del Paese, facile preda di violenza


Giada Aquilino – Città del Vaticana

Torna la paura tra i cristiani del Pakistan. E’ infatti di due morti e tre feriti il bilancio dell’attentato compiuto ieri da un gruppo di uomini armati a bordo di motociclette davanti una chiesa di Quetta, nel sud del Paese. A rivendicare l’azione terroristica nel quartiere cristiano Isa Nagri della capitale del Balochistan, il ramo locale del sedicente Stato Islamico, lo stesso che si era attribuito l’attentato in città del 2 aprile scorso, con un bilancio di 4 vittime. A dicembre, due kamikaze avevano provocato la morte di 9 persone.

L’instabilità di Quetta

Le autorità locali, nel condannare l’attentato avvenuto mentre i fedeli stavano uscendo dal luogo di culto, hanno promesso risposte rapide. La comunità cristiana ha intanto dato vita ad una manifestazione di protesta contro il governo provinciale e chiesto l’arresto dei responsabili. In tale contesto, quella cristiana non è comunque l’unica minoranza fatta oggetto di violenza, mette in luce il medico pachistano Paul Bhatti, presidente dell’Alleanza delle minoranze del Pakistan e fratello di Shahbaz, ministro per le minoranze del Paese asiatico, assassinato il 2 marzo 2011 da un estremista islamico. “Quella di Quetta è una regione molto combattuta. Ci sono persone che chiedono autonomia, poi i talebani e i terroristi. Qualche anno fa avevano tagliato la testa a 22 persone della comunità hazara, non accettata dalla maggioranza locale”. Più volte Papa Francesco, pregando per i cristiani del Pakistan, ha infatti fatto appello alle autorità per ridare sicurezza e serenità alla popolazione e alle minoranze religiose più vulnerabili.

Persecuzione o destabilizzazione

Per quanto riguarda l’attentato al quartiere cristiano Isa Nagri, Paul Bhatti non esclude né un atto di “persecuzione” né “altre manovre per destabilizzare il Paese”. “Il Pakistan - spiega - sta attraversando un momento di instabilità per il terrorismo e l’estremismo. E poi - aggiunge - è facile, quando ci sono questi atti di violenza, che tanta gente si associ all’Isis, perché il Califfato vuole dimostrare di essere un’organizzazione che può avere radici dappertutto”.

Comunità cristiana facile vittima di violenza

Per il presidente dell’Alleanza delle minoranze del Pakistan è urgente un “coinvolgimento non solo dei pachistani ma anche della comunità internazionale” che, conclude, dovrebbe avere un ruolo determinante anche per “integrare” la comunità cristiana nella società: i cristiani - ufficialmente il 2% dei 200 milioni di abitanti, perlopiù musulmani - continuano ad essere la realtà “più povera del Paese, emarginata, oppressa, con lavori umili e perciò ‘facili’ vittime di violenza”.

Ascolta e scarica l'intervista a Paul Bhatti

 

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16 aprile 2018, 14:00