Congo, almeno 11 morti in Nord Kivu nella Settimana Santa
Salvatore Tropea – Città del Vaticano
È stato mons. Melchisédech Sikuli Paluku, vescovo di Butembo-Beni, a denunciare quanto accaduto nel suo messaggio pasquale. “In questa Settimana Santa – ha detto – siamo sorpresi dai massacri. Gli assalitori hanno ucciso a colpi di arma da fuoco e di machete almeno 11 persone, tra cui una donna di 80 anni e un bambino di 9. I malviventi – ha precisato mons. Paluku – hanno rapito alcune persone e saccheggiato le abitazioni” e infatti almeno 5 ragazzi del luogo mancano ancora all’appello.
Una tragica quotidianità
La guerriglia in Congo, e in particolare nel Nord Kivu, “è ormai diventata una normalità”, come afferma a Vatican News don Giovanni Piumatti, attualmente in Congo e da oltre 47 anni missionario in Africa. “Questo ennesimo attacco – spiega il presbitero originario della Diocesi di Pinerolo – non rappresenta nulla di nuovo o eccezionale per noi perché si tratta di un orrore che va avanti da anni”. Inoltre sono stati diversi i villaggi e le parrocchie colpiti dagli assalitori, in particolare gli abitanti della parrocchia Nostra Signora di Fatima a Kabasha, che sono stati costretti alla fuga per gli scontri tra l’esercito regolare congolese (Fardc) e i miliziani Mai Mai.
I guerriglieri e il silenzio della comunità internazionale
Sono infatti tanti gli attori militari in quella zona del Congo. Nonostante la presenza dell’esercito e della Monusco (la missione Onu), le violenze e gli attacchi terroristici si susseguono soprattutto per gli scontri con i Mai Mai e con i miliziani dell’Adf. I primi sono le forze armate storicamente guidate da signori della guerra, anziani delle tribù e capi villaggi, mentre i secondi sono guerriglieri di origine ugandese che da anni si sono stabiliti in Nord Kivu e ai quali le autorità locali attribuiscono la maggior parte delle aggressioni. Secondo don Piumatti “questi gruppi militari, ma anche parte della comunità internazionale, hanno tutto l’interesse a far regnare il caos in Congo, perché questo clima esplosivo avvantaggia chi vuole portare via i preziosi materiali di cui il Paese è ricco, come legname, cobalto, coltan e oro”.
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