Erri De Luca: scrivendo i detenuti immaginano il futuro
Roberta Barbi – Città del Vaticano
In un’altra occasione aveva detto che “scrivere è una forma di evasione legale”, una specie di attraversamento della costrizione delle sbarre attraverso la fantasia; oggi si spinge più in là, Erri De Luca, che anche quest’anno ha aderito al progetto del Premio letterario per detenuti Goliarda Sapienza in qualità di scrittore tutor. “I detenuti scrivendo della propria vita, delle proprie esperienze, affrontano quello che non si sono mai detti – afferma – e così fissano dei punti utili per immaginare il proprio percorso futuro fuori di lì”.
Grazie ai racconti di Goliarda Sapienza tutti conosciamo il carcere
Non solo una funzione catartica, quindi, quella della scrittura, ma di vera e propria definizione della realtà: “Inizialmente la realtà è opaca – racconta – poi arrivano le parole, che sono una sorta di paio di occhiali attraverso i quali si vede tutto più nitido”. In questa direzione, ancora più astratte sono le parole “carcere” e “scrittura”, almeno per chi non conosce queste due realtà, invece il carcere “riguarda tutti” e a conoscerlo da vicino certamente contribuiscono non poco i racconti in gara per il premio. Per i detenuti, in particolare, la scrittura può essere “confessione, ma io direi che ha una funzione proprio sanitaria, nel senso che fa del bene a chi la pratica”, spiega.
In prigione l’incontro con i libri è fondamentale
A colpire il tutor Erri De Luca, nei racconti di questa come delle edizioni passate, è “l’intensità d’espressione. Come lettore ho spesso bisogno di sentire che dietro a una storia non c’è solo fumo, ma c’è qualcuno, colui che scrive, che quello che racconta lo ha attraversato fisicamente. È un problema di identità tra ciò che si dice e ciò che si fa”. Gli chiediamo se la parabola della sua vita, in cui si è scoperto scrittore molto tardi, può essere per i detenuti esempio di rinascita: “Nessuno lo è, ognuno trova la sua strada, spesso, come me, a tentoni – scherza – bisogna avere la fortuna di fare gli incontri giusti, quelli che ti smuovono dentro qualcosa”. “In carcere questi incontri si fanno soprattutto con i libri – aggiunge – in genere arrivi lì che non ne hai mai letto uno, ma si ha molto tempo per recuperare e si scopre che la lettura non solo spalanca gli occhi e i pensieri, ma apre le porte a una futura prospettiva di vita”.
Un tutor che porta davvero fortuna ai suoi allievi
Finché sono “dentro”, è anche lui, come tutor, ad accompagnarli, almeno nella loro avventura letteraria, e con grande successo. Sono molti, infatti, i suoi allievi che hanno vinto il concorso nelle passate edizioni: “Ma io non c’entro niente, sono arrivato a cose fatte, a racconto scritto”, si schernisce, e ribadisce di non essere avvezzo ai premi e alle giurie, però Goliarda Sapienza è una piacevole eccezione: “Non ho idea di chi la giuria premierà quest’anno – ci congeda – staremo a vedere”.
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