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Detenuti-studenti al lavoro durante la lezione di un tutor Detenuti-studenti al lavoro durante la lezione di un tutor 

L’esperto della Holden: dal carcere sempre storie nuove

Parla Sara Micello, della Scuola di storytelling Holden di Torino, giurata per la settima edizione del Goliarda Sapienza, primo concorso letterario dedicato ai racconti dei detenuti nelle carceri italiane

Roberta Barbi – Città del Vaticano 

La giurata Sara Micello, in realtà, parte avvantaggiata: da un anno, infatti, tiene un laboratorio di scrittura creativa con i detenuti del carcere di Torino e dunque non è nuova alle emozioni forti che regalano le storie di vita vissuta dei reclusi e di quanti il carcere lo hanno conosciuto davvero, da “dietro le sbarre”.

In carcere si scrivono sempre cose nuove

“Ho già fatto la giurata per un altro concorso – racconta – eppure dal carcere riescono a uscire sempre storie nuove, mai ho trovato copie o doppi, probabilmente dipende dal fatto che ognuno ha la propria individualità, la propria personalità, e questa si sente molto quando si scrive”. A colpirla, in genere, è “la coscienza con cui i reclusi descrivono momenti reali della propria vita, che così diventano reali, vivi anche per chi soltanto li legge”.

Non serve inventare quando si hanno da raccontare storie tanto forti

Da giurata ha premiato anche stavolta l’aderenza alla realtà: “Credo che quando si ha a disposizione della scrittura un’esperienza forte come quella del carcere, utilizzarla per farne uscire qualcosa di bello e di vero è sempre un’occasione”. In particolare, dei racconti dei finalisti di quest’anno ha apprezzato “l’essenzialità della scrittura, la semplicità che diventa purezza”, mentre critica un certo artificio che si nota nelle storie dei detenuti più “pratici” dell’arte dello scrivere: “Non serve inventare quando si hanno storie tanto forti da raccontare”.

Attingere al vissuto ma anche esercitare la fantasia

Il suo consiglio ai detenuti che, una volta fuori, volessero continuare questo percorso è “attingere alle esperienze personali vissute, magari aggiungendovi il sapore della ritrovata libertà”, mentre a chi resta dentro e per il quale scrivere di carcere mentre ancora lo si vive potrebbe essere troppo doloroso, suggerisce di esercitare la fantasia, in modo che la scrittura sia davvero – come dice il maestro Erri De Luca – l’unica forma di evasione legale: “Scrivere è l’unico modo per perdersi tra parole e immagini senza che si possa essere accusato o condannati per nulla”, conclude.

Ascolta l'intervista a Sara Micello:

 

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25 aprile 2018, 09:42