Elezioni Libano: in calo Hariri, crescono i filo-Hezbollah
Salvatore Tropea – Città del Vaticano
Dopo nove anni i cittadini libanesi sono tornati al voto e i risultati che escono dalla urne danno un progresso degli Hezbollah e un calo del partito “Futuro” del primo ministro Saad Hariri. Un risultato che in realtà non rappresenta una vera e proprio rivoluzione all’interno del panorama sciita, come spiega a Vatican News Camille Eid, giornalista libanese collaboratore del quotidiano Avvenire. “È sempre stato così – afferma Eid – perché i seggi sciiti sono sempre stati monopolio degli Hezbollah e del partito di Amal, del presidente della Camera”. Dopo questa tornata elettorale, quindi, “la maggioranza sarà formata da queste forze politiche e dai loro alleati che hanno avuto un incremento soprattutto nelle grandi città come Beirut e Tripoli”.
Il calo dei consensi per Hariri
La diminuzione delle preferenze per Saad Hariri secondo il giornalista libanese è spiegabile con il cambio della legge elettorale. “Prima – afferma – si garantiva ad Hariri il rastrellamento di tutti i seggi delle grandi città dove c’è un grande peso della comunità sunnita. Questa volta col proporzionale, invece, abbiamo visto che per esempio a Tripoli quasi metà dei seggi è stato perso”.
I partiti cristiani
Sul fronte dei movimenti cristiani e della loro capacità decisione dopo queste elezioni “qualcosa cambia – dichiara Eid – perché prima c’era una specie di predominio del partito di Aoun, mentre adesso vediamo che il candidato Samir Geagea ha rafforzato e quasi triplicato la sua presenza parlamentare”. Sempre per quanto riguarda le fazioni cristiane, “la bella novità – come spiega Camille Eid – è la presenza di due donne giornaliste che arrivano dalla società civile e comunque non appartengono ai soliti partiti tradizionali”.
Bassa affluenza
Le elezioni hanno rivelato anche la distanza e la sfiducia, sempre più vistosa negli ultimi anni, tra i cittadini e la politica. Meno di un elettore su due, infatti, si è recato alle urne e l’affluenza finale è stata di poco superiore al 49%. L’ultima volta, nel 2009, chi era andato a votare era un totale superiore all’8% rispetto a questa volta.
Il voto dei libanesi all’estero
È stata anche la tornata elettorale delle prime volte. Per la prima volta, infatti, hanno votato i libanesi all’estero e per la prima volta il Ministero dell’Interno è stato l’unico responsabile delle urne e del conteggio. Per quanto riguarda il voto all’estero, “è stato però molto deludente – spiega Camille Eid – perché i libanesi nel mondo sono diversi milioni. Di questi quelli registrati per votare erano 90 mila, ma alla fine si sono recati alle urne soltanto 50 mila persone”. Una presenza, quindi, “che è ancora una goccia in un mare che non può sperare di cambiare lo scenario locale”.
Il sistema elettorale
I libanesi si sono recati alle urne ieri, domenica 6 maggio, dopo nove anni dalle ultime elezioni legislative, per il rinnovo dei 128 seggi del Parlamento. Si è votato con una legge proporzionale, nel quale esiste un numero prestabilito di seggi da assegnare ad ogni comunità. I seggi sono infatti suddivisi nel seguente modo: 64 seggi alla comunità cristiana (34 ai cristiano maroniti, 14 ai greco-ortodossi, 8 ai melchiti, 5 agli armeno-ortodossi, uno a testa per le restanti minoranze) e 64 seggi alla comunità musulmana (27 ai sunniti, 27 agli sciiti, 8 ai drusi e 2 agli alawiti). Le liste in totale sono 77, nei quindici distretti elettorali che compongono il Libano. In tutto i candidati sono stati ben 583 e nessuno di loro poteva presentarsi da solo, ma in lista con altri.
I principali candidati in campo
Le varie forze in campo – per via del sistema elettorale libanese – si sono schierate in modo diverso nei distretti del Paese, arrivando addirittura ad essere in coalizione o rivali allo stesso tempo. Il premier Saad Hariri, per esempio, con il suo partito “Futuro” si è presentato insieme al Free Patriotic Movement del presidente Michel Aoun in quattro distretti, mentre i due partiti erano rivali in altri quattro distretti. Gli unici due movimenti che hanno presentato liste condivise su tutto il territorio nazionale sono stati gli sciiti di Amal ed Hezbollah. Proprio questi ultimi hanno puntato molto sulla nuova legge elettorale, perché un Parlamento frammentato avrà come conseguenza un’opposizione non specifica e compatta contro le politiche del partito sciita.
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