Brexit: Londra sempre più in crisi
Federico Piana - Città del Vaticano
“Sulla Brexit c’è una spaccatura, difficilmente sanabile, all’interno dei conservatori quindi tutte le opzioni rimangono sul tappeto”. E’ il professor Stefano Silvestri, consigliere scientifico dell’Istituto Affari Internazionali, a commentare a caldo le dimissioni, in sole ventiquattro ore, di due pezzi grossi del fronte anti-europeo: il ministro per la Brexit, David Davis, e Boris Johnson, titolare del dicastero degli esteri. “E’ tutta una vicenda legata alla politica interna” incalza il professor Silvestri, “perché Johnson sta tentando di scavalcare il premier Theresa May” e condurre in prima persona la trattativa per uscire dall’Europa “visto che finora ha giudicato troppo morbidi gli accordi concordati con Bruxelles”.
Uscita hard o soft, per l’Europa non è indifferente
Tutto questo non desterebbe grosse preoccupazioni, spiega Silvestri, se la “crisi di Londra non avesse anche delle ripercussioni internazionali: infatti non è indifferente, per gli Stati europei, il modo con il quale la Gran Bretagna abbandonerà l’Europa”. Un' uscita soft, come vuole la May, o hard come rivendica Johnson, potrebbero generare percorsi virtuosi o condurre a spaccature insanabili sul fronte economico e quello legato ai rapporti istituzionali.
All’orizzonte un nuovo governo e un nuovo referendum?
E mentre il premier britannico ha velocemente rimpiazzato i due ministri dimissionari nel tentativo di scongiurare l’apertura di una crisi formale di governo, nel dibattito politico si fa strada l’idea di un nuovo esecutivo che sulla Brexit torni a interrogare i cittadini i quali, secondo gli ultimi sondaggi, potrebbero aver cambiato idea. “Io non sono di quelli che credono nella possibilità di un secondo referendum – argomenta Silvestri-. Certo, per un europeista come me tornare a votare sarebbe la soluzione migliore. Una risposta a tutti i nazionalismi che imperversano in queste ore”.
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