Nord Irlanda: mons. McKeown, tensioni causate da dissidenti repubblicani
Giada Aquilino - Città del Vaticano
Sono state accompagnate da violenze e tensioni le marce di luglio in Irlanda del Nord. Come ogni anno, in ricordo della vittoria di Guglielmo III d'Orange contro le forze di Giacomo II Stuart nella battaglia di Boyne del 1690, migliaia di persone hanno sfilato per le strade di Belfast e Derry.
Disordini innescati da dissidenti repubblicani
A Belfast un ordigno esplosivo è stato lanciato contro la casa di Gerry Adams, leader di Sinn Féin, ex braccio politico dell'Ira, l’Esercito repubblicano irlandese, e contro quelle di altri esponenti repubblicani. Bombe molotov, sassi e bottiglie incendiarie hanno caratterizzato le violenze a Derry. “Quello che è scoppiato nelle settimane scorse, specialmente qui a Derry, non è un conflitto tra unionisti e repubblicani, piuttosto è una tensione profonda all’interno del movimento dei repubblicani”, spiega mons. Donal McKeown, vescovo di Derry (Ascolta e scarica l'intervista a mons. Donal McKeown). “Da una parte - aggiunge - c’è Sinn Féin che accetta le istituzioni del ‘Good Friday Agreement’, l’Accordo del Venerdì Santo di 20 anni fa; dall’altra, ci sono dei dissidenti che vogliono distruggere l’Accordo di pace del 1998. I dissidenti vogliono che la polizia reagisca provocando danni, così poi da poter criticare Sinn Féin per aver dato il proprio sostegno alla polizia”.
Paese senza governo e Brexit
“Ogni anno - prosegue il presule - il mese di luglio è in un certo senso un mese ‘caldo’ dal punto di vista politico. Il 12 luglio ci sono sempre le marce degli orangisti ed è generalmente un periodo caratterizzato da tensione”: a contribuire ad appesantire la situazione quest’anno, nelle parole di mons. McKeown, anche “la mancanza di un governo in Irlanda del Nord che perdura da 18 mesi” e “il processo relativo alla Brexit”, perché “c’è incertezza nell’aria”. Subito dopo la decisione sull’uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea, infatti, si è tornati a parlare di un ipotetico referendum per l’unificazione della Repubblica d’Irlanda con l’Irlanda del Nord, voluto dai nazionalisti e osteggiato dai lealisti.
Dialogo a più voci tra le Chiese
La linea della Chiesa locale è stata allora quella del dialogo a più voci. “Io e un mio collega anglicano – racconta il vescovo di Derry - abbiamo visitato varie parti della città colpite dalle bombe e dalle tensioni, per mostrare che, anche se i politici non si trovano insieme alla Camera dei Deputati, le Chiese reagiscono pubblicamente per dire che non accettano tale soluzione come una via verso il futuro”. Ma l’azione è stata anche più capillare. “Come Chiese, abbiamo contribuito a una discussione con altri gruppi della società - commercianti, sindacati - per dire che noi non accettiamo che la violenza sia una via possibile da percorrere, ma vogliamo creare un futuro che inviti invece i turisti a venire in questi luoghi e sviluppi la comunità. Siamo convinti che questa politica sia la strada migliore per noi tutti”. Per quanto riguarda la nostra “Chiesa - sottolinea inoltre il presule - dobbiamo sempre tenere aperta la porta a tutti i cittadini, anche a coloro che contribuiscono alla violenza: perché senza tutti i cittadini non ci sarà un futuro unito, comune”.
Legislazione sull’aborto
In queste ore a Londra un gruppo di oltre 170 politici britannici e irlandesi ha firmato una lettera, pubblicata sul Sunday Times, per chiedere al governo di Theresa May di rivedere le leggi sull’aborto in Irlanda del Nord, ad oggi unica parte del Regno Unito dove l’aborto è illegale, a meno di seri rischi per la salute della donna. “La posizione della lettera, che ho letto, è che si tiene in considerazione il diritto della donna. Noi come Chiesa abbiamo detto che dobbiamo sottolineare anche il diritto del bambino non nato”, evidenzia mons. McKeown, soffermandosi su un punto cruciale: “pure la vita del bambino nel grembo è una vita umana e, se la distruggiamo senza dare un valore a questo piccolo, non solo è un peccato contro la legge di Dio ma anche un atto disumano; dobbiamo - conclude - proteggere la vita per proteggere la dignità umana”.
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