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Alla Festa del Teatro di San Miniato va in scena "La masseria delle allodole"

Si è aperta a San Miniato, in provincia di Pisa, la 72.esima edizione della Festa del Teatro. L'iniziativa è promossa ogni anno dalla Fondazione Istituto Dramma Popolare di San Miniato grazie al sostegno di numerose realtà locali come la diocesi, il Comune e la Fondazione Cassa di Risparmio

Adriana Masotti - Città del Vaticano

Il romanzo "La masseria delle allodole" di Antonia Arslan, dal quale i fratelli Paolo e Vittorio Taviani trassero nel 2007 un film di successo, sul genocidio degli armeni, vede rappresentata in questi giorni la sua prima versione teatrale. A proporla è la Fondazione Istituto Dramma Popolare di San Miniato nell’ambito della Festa del Teatro di San Miniato che si concluderà il 25 luglio prossimo. La regia è di Michele Sinisi, con lo scenografo Federico Biancalani e con il drammaturgo Francesco Maria Asselta. Una decina gli interpreti tra cui Stefano Braschi e Marco Cacciola.

Il genocidio armeno simbolo del male 

“La masseria delle allodole” racconta uno degli eventi più drammatici del ‘900: il genocidio degli armeni da parte dei turchi durante la prima guerra mondiale, ricostruito sul filo dei ricordi familiari e consegnato alla memoria collettiva in un intreccio di storia e poesia.
Molte le ragioni che hanno portato alla scelta di questo lavoro per l’edizione di quest'anno del Festival. “La ragione principale - spiega ai nostri microfoni il presidente dell’Istituto Dramma Popolare, Marzio Gabbanini - è che il dramma popolare intende rimanere in linea con la sua missione. E la sua missione è quella di affrontare problemi di attualità, di affrontare tutte quelle questioni che pongono interrogativi sul nostro esistere. C' è parso dunque il momento di riprendere il discorso già affrontato dai nostri celeberrimi concittadini, i fratelli Taviani, su una realtà, il genocidio degli armeni, che è stata a lungo sottaciuta, e di affrontarlo anche in forma teatrale. Tutti gli spettacoli del Festival hanno avuto negli anni lo stesso filo conduttore: bisogna costruire ponti, fare inclusione, accoglienza, dialogare tra le religioni. Questo è il messaggio: rispettare tutti,  proprio perché anche oggi si assiste a forme di persecuzione e di violenza sulle minoranze, soprattutto per motivi religiosi”. (Ascolta l'intervista a Marzio Gabbanini, sulla Festa del Teatro di San Miniato)

Un doveroso omaggio ai fratelli Taviani

San Miniato è la città dei fratelli Taviani, nel marzo scorso la morte di Vittorio, il più anziano: anche questo è uno dei motivi della scelta di mettere in scena “La masseria delle allodole”.
“Sì, noi abbiamo voluto omaggiare i fratelli Taviani di cui siamo orgogliosi e siamo molto addolorati che Vittorio, il fratello maggiore, sia morto. Loro hanno affrontato la tematica del genocidio degli armeni e hanno fatto un film celeberrimo, e noi abbiamo deciso di portarlo in teatro. Noi siamo il teatro dello spirito, il teatro del cielo, non siamo un teatro confessionale e non abbiamo nemmeno la pretesa di dare risposta a questi interrogativi. La nostra missione è di far riflettere su questi problemi".  Il Teatro popolare, prosegue Gabbanini, "è un teatro che si deve rappresentare sui sagrati delle chiese, nelle piazze, nelle fabbriche, dove la gente si incontra, senza rinunciare alla qualità degli spettacoli e io credo che anche quest’anno ci si sta riuscendo”.

La versione teatrale del regista Sinisi

Portando in scena questo testo nell’ambito del Festival di San Miniato, Michele Sinisi racconta la struggente nostalgia per una terra e una felicità perdute.
Diversi i linguaggi narrativi utilizzati: “Nel mio teatro le parole sono presenti – spiega il regista - l’azione verbale è presente ma condivide sulla scena lo stesso ruolo con altri segni che appartengono ad altre possibilità comunicative: segni pittorici, scultorei, musicali, strumentali… Tutto questo concorre nel mio modo di far teatro a costruire un corpo narrativo che è contemporaneo e popolare nell’accezione per cui noi oggi nella comunicazione ormai strutturalmente adoperiamo segni ed elementi tecnici che ci permettono di comunicare anche a distanza ma che formano anche la consapevolezza degli altri". (Ascolta l'intervista a Michele Sinisi su "La masseria dell'allodole" a San Miniato)

Un gesto d'amore senza uno scopo è la vera rivoluzione

Il nostro lavoro su “La masseria delle allodole”, spiega Sinisi, si focalizza su una continua azione scenica sviluppata in un pranzo durante il quale si parla di scienza, di poesia, di amore, di Dio, di musica e di contrasti generazionali. È la vita nella sua semplicità e bellezza. A questa prima parte segue l’irruzione dei turchi. E qui assoluto protagonista è il male, la cattiveria più brutale di cui l’essere umano può essere capace. Ma confrontarsi con il male può servire ad allontanarci dal compierlo ancora? “Io credo - afferma il regista - che questo possa essere utile nella misura in cui però si capisce che quel male, quell’esperienza, quella possibilità è interna a ciascuno di noi". Il punto è comprendere che l’innocenza come quella legata ai nostri primi anni di vita, risulta la vera cifra vincente di tutte le storie. "Nel rapporto con la nostalgia e nel ricordo delle cose che non sono più, nello sfuggevole piacere di qualcosa che è stato il bene- conclude Sinisi - c'è un continuo rinnovare quell’esperienza di un amore e un darsi agli altri senza interesse, senza uno scopo. E penso che questo sia il vero gesto rivoluzionario in questo momento della nostra storia”.

 

 

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21 luglio 2018, 12:43