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Burkina Faso: musulmani e cristiani insieme frenano il terrorismo

Don Etienne Kaboré, responsabile della Commissione per il dialogo cristiano-musulmano della diocesi di Ouagadougou: “Con i musulmani ci sentiamo fratelli: insieme impediamo ai fondamentalisti di distruggere la pace. Gli imam hanno sempre condannato gli attentati e isolato chi non vuole il dialogo”

Alessandro Di Bussolo – Città del Vaticano

Il Burkina Faso, nell’Africa centrale subsahariana, è ancora uno dei paesi più poveri al mondo, ma mantiene la sua tradizione di convivenza pacifica tra la comunità musulmana, circa il 40 per cento degli abitanti e quella cristiana, che nelle varie confessioni raccoglie circa il 30 per cento dei burkinabé. Questo nonostante i tre gravissimi attentati, nel 2016, 2017 e il 2 marzo di quest’anno, rivendicati da gruppi vicini ad Al Qaeda, presenti in Mali e Niger, che confinano col nord del Paese.

Musulmani e cristiani crescono insieme in concordia

Quello che impedisce ai fondamentalisti di prendere piede in Burkina Faso, è l’amicizia tra musulmani e cristiani, che crescono insieme fin da piccoli e si aiutano e si sostengono a vicenda nelle difficoltà di un paese così povero, con un suolo arido e un clima ostile. Lo conferma negli studi di Vatican News don Etienne Kaboré, responsabile della Commissione per il dialogo cristiano-musulmano della diocesi di Ouagadougou, la capitale del Paese. (Ascolta l'intervista a don Kaboré sul Burkina Faso)

“Ci siamo dati la mano per raggiungere la pace”

“I rapporti tra musulmani e cristiani sono buoni - dice - abbiamo una relazione di fratellanza, di tolleranza. Questa è una realtà. E questa relazione ha aiutato tante persone nel nostro Paese nei momenti di difficoltà. Cristiani e musulmani si sono dati la mano per raggiungere questa pace per il nostro Paese”:

 

Questa lunga tradizione di tolleranza del Paese resiste anche alle infiltrazioni di fondamentalisti dal Mali che hanno provocato gli attentati in questi anni?

R. - Sì. Questa collaborazione tra musulmani e cristiani è un grande aiuto per fermare l’entrata dei terroristi nel Paese. Musulmani e cristiani lavorano insieme; nel governo le due parti sono presenti e insieme lottano contro l’invasione dei terroristi. Non si tratta più di musulmani: si tratta di terrorismo e musulmani e cristiani, insieme, cercano di impedire a queste persone malvagie di distruggere la pace nel Paese.

Quindi gli imam locali si sono sempre espressi contro la violenza nell’Islam?

R. - Questa è una realtà. Un esempio; quattro anni fa l’Iman di Ouagadougou è andato salutare - come si fa da noi - il cardinale (Philippe Nakellentuba Ouédraogo, creato il 22 febbraio 2014, n.d.r). In seguito, un gruppo di ragazzi musulmani sono andati dall’Imam per dirgli: “No, non è normale: non si può andare da loro. Noi siamo musulmani, loro sono cristiani. Ciascuno deve rimane nel proprio luogo”. I musulmani, attraverso il comitato, hanno detto: “No, questi ragazzi non sono musulmani. Noi abbiamo sempre vissuto per la pace e sempre siamo andati dall’altro per portare il saluto per arrivare alla pace. Se questi ragazzi non vogliono la pace allora noi siamo contro loro”. Questo per dire che i musulmani sono contro i terroristi e contro queste persone che non vogliono la pace tra le religioni. Questa è una realtà e noi ringraziamo Dio per questo.

Qual è oggi la situazione del Burkina Faso? Quali luci e quali ombre nel Paese?

R. – Sappiamo che nel Paese c’è la povertà, da cui proviamo ad uscire, e problemi politici; queste sono le ombre. Ma le luci sono le persone che sanno che devono lavorare insieme per arrivare a questa pace che è un dono di Dio. L’autorità cristiana- i vescovi, la conferenza episcopale - e l’autorità musulmana - il grande imam e altri - lavorano insieme. Questa è una luce per il nostro Paese per poter avere la pace.

La pace e anche lo sviluppo …

R. - Lo sviluppo, sì. La Chiesa cattolica ha tante grandi università, tante grandi scuole superiori e luoghi di formazione. Questo aiuta la sviluppo del Paese.

Cosa fa la Chiesa pe la promozione umana di una popolazione che vive in gran parte in povertà?

R. - La Chiesa, sempre, come dappertutto, cerca di mettere avanti la carità. La Chiesa è chiamata a dare la cosa più bella: amare l’amore e amore vuol dire sacrificio, donare. Questo dono è prima di tutto il dono della persona, quindi essere capaci di ascoltare l’altro e poi cercare di nutrire l’altro. La Chiesa sempre, attraverso tanti organismi, cerca di aiutare la gente.

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22 agosto 2018, 14:08