Chiesa caldea in Iraq: no ad area protetta per i cristiani
Andrea Gangi – Città del Vaticano
Quest’anno sono state circa 8mila le famiglie cristiane che hanno potuto far ritorno alle proprie città e ai propri villaggi nella provincia di Ninive, nel nord dell’Iraq. Le famiglie erano fuggite nel 2014 a causa dell'avanzata delle milizie jihadiste dello Stato Islamico. Eppure oggi la Chiesa caldea non desidera in alcun modo istituire nella piana di Ninive un'area protetta per i cristiani.
L’area protetta: un modo per emarginare i cristiani
In un'intervista rilasciata nei giorni scorsi al quotidiano Asharq Al-Awsat, giornale arabo con sede a Londra, il Patriarca caldeo Louis Raphael Sako ha detto: “Siamo parte dell'Iraq e non vogliamo la divisione e la creazione di regioni su base settaria in questo Paese”. Il card. Sako aggiunge che “non conviene ai cristiani iracheni trincerarsi in milizie confessionali” o "affidarsi al bullismo di corpi armati stranieri". La condizione delle comunità cristiane irachene, ribadisce il Patriarca, rimane "difficile e subisce fenomeni di emarginazione politica e sociale, e comunque la migrazione non è la soluzione e l'Occidente non è un Paradiso”.
Fuggiti dall’Isis
La Provincia di Ninive, situata a nord dell’Iraq, è disseminata di cittadine e villaggi a maggioranza cristiana. Tra la primavera e l’estate 2014 era stata conquistata dai jihadisti di Daesh. In quei mesi, decine di migliaia di cristiani iracheni erano fuggiti dai loro villaggi, trovando rifugio nella regione autonoma del Kurdistan iracheno, mentre altri si sono rifugiati in Paesi vicini.
Creare un’area autonoma
L'antico sogno della creazione di un'area indipendente per i cristiani nella Piana di Ninive, ancora fortemente caldeggiata in alcune comunità della diaspora caldea e assira, era stato rilanciato anche alla Convention nazionale promossa a Washington nel settembre 2016 sul tema: 'Come preservare la cristianità in Medio Oriente'. Ma risale al maggio 2017 la richiesta formale di trasformare la Piana di Ninive in un'area autonoma posta sotto la protezione internazionale delle Nazioni Unite, per sottrarla a conflitti e salvaguardare i diritti delle comunità cristiane che in quelle terre hanno le loro radici. La dichiarazione era stata rivolta alle autorità regionali e nazionali e agli organismi internazionali da parte di due arcivescovi di Mosul, il siro cattolico Boutros Moshe e il siro ortodosso Mar Nicodemus Daud Matti Sharaf insieme a Mar Timotheos Musa al Shamany, arcivescovo siro ortodosso di Bartellah. Nella dichiarazione si rivendicava anche il diritto di autonomia amministrativa per le comunità cristiane nella Piana di Ninive nei villaggi da poco sottratti al controllo delle milizie jihadiste.
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