Più vittime nel Mediterraneo. Amnesty:devastante l'impatto dell'Ue
Francesca Sabatinelli - Città del Vaticano
L’Europa è responsabile dell’aumento delle vittime nel Mediterraneo centrale. E’ l’accusa di Amnesty International che in un rapporto denuncia il devastante impatto delle politiche dell’Ue che in soli due mesi, tra giugno e luglio 2018, hanno portato ad almeno 721 morti in mare.
Ritardi e mosse ostili
Ritardo nei soccorsi, ostacoli mossi nei confronti delle ong, appoggio all’attività della guardia costiera libica tutt’altro che specializzata in azione umanitarie. “Queste politiche europee – spiega Riccardo Noury, portavoce di Amnesty Italia – sono responsabili dell’aumento dei migranti morti nel Mediterraneo centrale, accompagnato dall’aumento delle persone arbitrariamente detenute nei centri libici e sottoposte a tortura”.(Ascolta l'intervista a Riccardo Noury su Libia e Europa)
I dati di Amnesty
L’analisi di Amnesty International è drammatica: l’Unione europea è più preoccupata di tenere le persone fuori piuttosto che salvare vite umane. Il numero dei detenuti è più che raddoppiato negli ultimi mesi, passando dai 4.400 di marzo ai più di 10.000 – fra cui 2000 donne e bambini – della fine di luglio. Praticamente tutti sono finiti nei centri dopo essere stati intercettati in mare e riportati in Libia dalla Guardia costiera libica, che è equipaggiata, formata e appoggiata dai governi europei, scrive ancora Amnesty. “Di solito – aggiunge Noury – quando si vogliono negare i diritti umani, l’Ue marcia compatta, quando li si vuole difendere ognuno va per conto suo in maniera disordinata. Chi vuole difenderli è sempre minoranza e oggi abbiamo la vittoria, a costi amarissimi di vite umane, di quella politica che cerca attraverso la fabbrica della paura di produrre insicurezza, proporre soluzioni spicce e sbrigative e ottenere consenso e risultato elettorale”.
Grazie per aver letto questo articolo. Se vuoi restare aggiornato ti invitiamo a iscriverti alla newsletter cliccando qui