India: “Black Day” contro la discriminazione dei dalit cristiani
Michele Raviart – Città del Vaticano
Si celebra oggi in India il “Black Day”, giornata di protesta contro la discriminazione dei “dalit”, i cosiddetti “fuori casta”, molto spesso ancora ai margini del Paese. La giornata è sostenuta dalla Chiesa locale e dai cristiani, che sono il 2,3% della popolazione e che per il 60% appartengono al gradino più basso della tradizionale divisione della società indiana. Dalit non sono soltanto gli indiani che discendono dalle classi di lavoratori più umili, ma anche gli stranieri e i non induisti.
Doppiamente discriminati
La data ricorda il 10 agosto del 1950, quando fu approvata una legge che riconosce ai membri delle caste vari diritti, ma non a “chi professa una religione diversa dall’induismo”. Nel corso dei decenni questi diritti sono stati estesi anche a buddhisti e ai sikh, mentre sono ancora esclusi cristiani e musulmani. “La gente della casta più bassa soffre tutta, ma quando si tratta di cristiani, questi sono doppiamente discriminati”, in quanto dalit e non induisti, spiega mons. Felix Machado, arcivescovo di Vasai, nei pressi di Mumbai (Ascolta l'intervista integrale a mons. Machado sul Black Day").
Superare la logica delle caste
Sebbene la suddivisione delle caste tradizionalmente intesa non sia prevista dalla costituzione e formalmente la legge operi per superarla, “questo sistema - spiega mons. Machado - non è ancora del tutto abbandonato” e i cristiani dalit subiscono discriminazioni nei villaggi rurali, con alcuni episodi che si sono verificati anche nelle città. Sebbene la legge preveda anche posti di lavoro e quote nell’amministrazione per favorire l’integrazione dei dalit, per i cristiani ottenere questi riconoscimenti è ancora più difficile.
Giornata di sensibilizzazione
“Noi cristiani non possiamo fare nulla perché siamo veramente una minoranza, anche se chiediamo qualcosa nessuno ci sente, nessuno ci guarda”, continua mons. Machado. “Per questo i cristiani hanno deciso di istituire questa giornata, per rendere nota la nostra situazione. Scriviamo, preghiamo nelle chiese, parliamo alla gente, pubblichiamo articoli, perché qualcuno senta la nostra miseria”.
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